Fotografie. In quelle foto delle stragi la storia che scarta l'umanità
Tutti, vedendo le foto dei civili uccisi per le strade dell’Ucraina, ci domandiamo: «Ma che uomini sono gli uccisori? ». Non ditemi la loro nazionalità, quella la sappiamo, a quale esercito appartengono, da chi prendono gli ordini. Quel che ci chiediamo è la morale che sta a monte degli ordini, che senso hanno quegli ordini, quale idea di vittoria, di società, di giustizia perseguano. Ormai i racconti che ci arrivano sono molti, molte le foto, qualche risposta possiamo darcela. Se non altro per deduzione. Perché le foto parlano, sono racconti, e cucendo i racconti puoi ricavare la storia. Proviamo.
Le foto più famose mostrano cittadini uccisi per strada e abbandonati lì, con le mani legate dietro la schiena. Le sto guardando. Non sono mani legate da una corda, ma da una sciarpa. Il che significa che chi ha legato quei prigionieri non era venuto per questo, non era attrezzato. Noi italiani purtroppo abbiamo fatto queste cose, su larga scala. Per un ventennio. Ma da noi quelli che uscivano di casa, o dalla caserma, per fucilare o impiccare, uscivano già con la corda arrotolata sulla spalla. Erano preparati a legare le mani. Erano professionisti.
Qui, in queste foto, vediamo all’opera degli improvvisatori. Male attrezzati. I racconti orali dei testimoni concordano con questa interpretazione: ci descrivono un esercito che arriva feroce ma male attrezzato, ha molte difficoltà a vincere, perde un sacco di uomini, e questo non lo rende più buono ma più cattivo, con la cattiveria vendica la propria debolezza, e si dedica alle basse opere, come facevamo noi italiani: durante la vergognosa alleanza, i nazisti compivano le grandi stragi, i fascisti le basse opere. Queste esecuzioni di cittadini isolati, catturati per strada, alla spicciolata, legati e fucilati, sono basse opere. Le basse opere rendono turpe il popolo che le fa, ma terrorizzano il popolo che le subisce.
Il popolo terrorizzato si nasconde, non esce più di casa, sbircia i cadaveri da dietro i vetri, se passa per strada volta la faccia dall’altra parte. Sto guardando la foto in cui un civile tra i cadaveri non solo si volta dall’altra parte, ma mette le mani in tasca. Mettere le mani in tasca è un modo per dire: «Io non sto facendo niente, se qui è stato fatto qualcosa io non c’entro». La foto con i morti nella fossa comune è più chiara ancora: i morti buttati nella buca sono chiusi in sacchi di plastica nera, i sacchi delle immondizie.
Le immondizie sono gli scarti della nostra vita, noi vivendo produciamo scarti, e così la Storia lavorando scarta questi uomini, li butta via. Noi, vivendo, se produciamo più scarti vuol dire che viviamo di più, siamo in una fase di progresso. La Storia che produce più scarti umani è in una fase di accelerazione. Dove le fosse comuni sono numerose (ieri ne han trovata un’altra), la Storia galoppa, presto bisognerà riscrivere i manuali scolastici. È la Storia fatta dai capi. I capi non devono avere sentimenti. Se hanno dei figli, non devono sentirsi padri. Stalin non mosse un dito per salvare il figlio prigioniero, e quando il figlio si suicidò esclamò: «Finalmente ha fatto una cosa da uomo».