Reddito di cittadinanza. In parlamento non si giochi a dare la caccia al povero
Caro direttore,
che molti italiani siano affezionati al proprio divano lo sappiamo bene, soprattutto ora che il clima torrido ci consiglia riposo e di non uscire nelle ore calde. Ci sono però luoghi, e condizioni, dove stare fermi a riposare proprio non è tollerabile. Molti penseranno ai percettori del Reddito di cittadinanza, ma non sono costoro i protagonisti di questa storia. Le persone di cui parliamo qui sono i tanti che invece di affrontare una riforma organica e decente del Reddito di cittadinanza, si stanno logorando i polpastrelli con hashtag e slogan, ma soprattutto i pulsanti delle aule di Camera e Senato, per ingraziarsi il proprio pubblico in attesa. Pubblico che però guarda con crescente fastidio alle 'fibrillazioni', agli 'avvertimenti', agli incontri pubblici e riservati, alle astensioni o alle uscite dagli emicicli parlamentari. Pubblico che però sa benissimo che tutta questa instabilità produce parole e nessun fatto che vada a migliorare la vita di chi è in difficoltà. Eppure proposte serie per intervenire subito sul Rdc ci sono, e sono praticamente le stesse da parte di tutti coloro che – come gli assistenti sociali – il tema della povertà lo conoscono bene.
Una commissione ministeriale presieduta dalla professoressa Chiara Saraceno, all’unisono con Caritas, Alleanza contro la povertà e tutti i professionisti di settore hanno indicato con chiarezza cosa andrebbe fatto, ma in questo clima caldo da campagna elettorale permanente non c’è nessuna intenzione di muoversi dal divano e agire, anzi. Nel gioco delle parti si passa da 'aboliamolo' a 'è perfetto', da 'ha salvato milioni di italiani' a 'è metadone di Stato', ottimo per non guardare negli occhi chi è veramente povero ed escluso.
Ottimo per poter provare a dire a quei pochi che ancora non si sono allontanati da questa politica di aver fatto la propria parte per 'abolire la povertà' o 'stanare i furbetti'. Like! Il problema in questo Paese non è il Reddito di cittadinanza, ma sono le diseguaglianze. Proprio le disuguaglianze che anche nei giorni scorsi ha certificato l’Istat, ricordando a tutti che senza le misure vigenti – non perfette, emergenziali – i poveri in Italia sarebbero stati un milione in più.
Le stesse disuguaglianze che ha sottolineato l’Inps, evidenziando come il 23% dei contratti di lavoro dia salari inferiori ai famosi 780 euro. Intervenire, perciò, si deve e si può, ma non per piantare le bandierine di correttivi palesemente inapplicabili e probabilmente inaccettabili sul piano della privacy. Immaginiamocelo un colloquio dove ti chiedono, prima di proporti un lavoro con un salario giudicato congruo solo da chi te lo offre, se percepisci il Rdc.
Al prossimo emendamento, proposto dai contrari al Governo e approvato dalla maggioranza persino con la fiducia, si aggiungerà anche a indagare lo stato sanitario o l’orientamento sessuale? Ecco, quando si dice che c’è una 'caccia al povero' si intende proprio una certa propensione, oramai sdoganata da coloro che dovrebbero contrastarla, a comprimere l’umanità e la dignità di chi è escluso e diseguale. Insomma, chi è rimasto indietro non sta sul divano, ma paga sulla sua stessa pelle proprio quelle persone che dagli scranni degli eletti e dei potenti giocano con le norme per uno slogan e un titolo di giornale a effetto.
Presidente Consiglio nazionale Ordine Assistenti Sociali