Opinioni

Bonus bebè. In Italia non esistono più bambini di serie A e di serie B

Maurizio Ambrosini giovedì 13 gennaio 2022

La sentenza di ieri, 12 gennaio 2022, della Corte Costituzionale sul bonus bebè è una bella notizia. Anche sul colle più alto di Roma (Palazzo della Consulta è proprio accanto al Quirinale) c’è un giudice, viene da dire. Non perché ha allargato i 'diritti degli immigrati', ma perché consente alla società italiana nel suo insieme di fare un passo avanti nel senso del consolidamento dei diritti dei bambini e della coesione sociale che giova al Paese intero.

Secondo le norme italiane vigenti, i figli di immigrati che non sono ancora in possesso di un permesso di lungo-residenti, il 45% del totale, non avevano diritto al sostegno dello Stato. Se si pensa all’incidenza della povertà tra gli immigrati, non è difficile dedurre che molti di questi bambini sono stati consegnati a una condizione d’indigenza, e i loro genitori a sopportare sacrifici accresciuti per poterli accogliere. Ricordo alcuni dati presentati da Enrica Morlicchio, dell’Università di Napoli Federico II, a un seminario della Provincia Autonoma di Trento: il tasso di povertà assoluta dei cittadini stranieri residenti in Italia è del 29,3%, quattro volte quello degli italiani di nascita. L’incidenza della povertà tra le famiglie con almeno uno straniero in cui sono presenti minori è pari a 28,6%: in cifre, 300.000 famiglie. Una società coesa e integrata non lascia indietro nessun bambino, e non lascia sole le giovani famiglie che decidono di accoglierne uno, malgrado le ristrettezze in cui si trovano. Anzi, riconosce che proprio quando sono più povere e con uno status legale meno solido, hanno più bisogno di sostegno. Ora tutti i genitori stranieri in possesso di un permesso di almeno sei mesi che consente di lavorare potranno accedere alla prestazione. È stato sconfitto il ragionamento dei legislatori italiani, e purtroppo di non pochi loro elettori: giacché le risorse sono poche, privilegiamo le 'vere' famiglie italiane, ritenendo magari di essere già generosi con la scelta di allargare la platea agli stranieri lungo-residenti. La sentenza della Consulta su questo punto ha un valore esemplare, che speriamo si estenda ad altre politiche sociali: non si risparmia sui diritti dei bambini e dei genitori che li hanno chiamati alla vita. L’Italia non ha figli di serie A e figli di serie B o C. Non si contrappongano famiglie ad altre famiglie, culle ad altre culle, poveri ad altri poveri. Le risorse vanno trovate altrove non sulla pelle di chi ha meno.

Questa sentenza costituzionale recepisce, peraltro, una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che aveva già giudicato le norme italiane in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali della Ue. Questo giornale ha molte volte criticato le politiche della Ue in materia d’immigrazione, e segnatamente nella sciagurata gestione delle politiche dell’asilo. Ma quando si tratta di discriminazioni nei confronti degli immigrati residenti sul territorio, la Ue ha mantenuto con apprezzabile coerenza una linea inclusiva, ostile per principio verso le diversità di trattamento e poco disponibile a distinguere non solo tra cittadini e residenti stranieri, ma anche tra diverse categorie d’immigrati. È questa l’Unione che vorremmo sempre vedere in campo, in difesa dei diritti delle persone anche al cospetto di Stati membri retti da maggioranze recalcitranti.

Stupisce, per contro, la posizione del governo italiano, che ha rivendicato fino all’ultimo la propria sovranità in materia, contrapponendosi alla Ue, alla sua Carta dei diritti fondamentali, alle sue legittime direttive e alle sue limpide sentenze: una posizione che si potrebbe definire addirittura "all’ungherese", da governo sovranista dell’Europa Orientale. Anche su questo piano speriamo che la sentenza faccia scuola.

Va infine elogiato il lavoro dell’Asgi, Associazione di studi giuridici sull’immigrazione, che ha condotto con tenacia e perizia questa battaglia. Abbiamo più che mai bisogno, in questi cupi tempi, di società civili vigilanti, di associazioni combattive, di professionisti-volontari generosi e competenti. La sentenza della Corte Costituzionale sia di monito per i discriminatori comunque targati, e di incitamento per le forze migliori della nostra società.