India. Il governo nazionalista vuole penalizzare chi ha più figli
Una famiglia a Calcutta
Una marcia durata tre giorni, partita dalla città di Meeruth lo scorso ottobre, ha portato migliaia di manifestanti nella capitale indiana New Delhi. L’iniziativa era stata organizzata da varie forze politiche e sociali riferibili comunque all’area governativa, nazionalista e filo-induista, guidata dal Partito Popolare, il Bharatiya Janata Party (Bjp), per chiedere punizioni per le coppie con più di due figli. Tutt’altro che spontanea, dunque, e mirata a testare l’opinione pubblica su una politica di controllo demografico che finora ha suscitato poco interesse negli indiani, che considerano la prole come una questione privata. Ma l’intenzione dei naziona-listi è chiara: il premier indiano Narendra Modi, ha più volte indicato, in chiave patriottica, la necessità di limitare le nascite per contrastare l’«esplosione sconsiderata della popolazione».
Alla testa della marcia nella capitale c’era uno degli esponenti di punta del Bjp, e ministro dell’Interno, Giriraj Singh, che non ha mancato di giocare la carta demografica con quella anti-islamica, tra quelle che più suscitano interesse e anche animosità. Per Singh, il Paese sarebbe invaso da «almeno 50 milioni di bengalesi e Rohingya» che porterebbero – con altri apporti stranieri – la popolazione reale ben oltre la cifra ufficiale di 1,25 miliardi. Affermazione non supportata da alcun dato verificabile che chiamerebbe a una 'soluzione' per evitare una crisi di vaste dimensioni. «Abbiamo solo il 2% dei terreni agricoli del pianeta e il 4% dell’acqua potabile, ma una popolazione che è il 20% di quella mondiale. Il nostro è un Paese dove ogni minuto nascono 33 bambini contro gli 11 della Cina», ha ricordato con enfasi Singh.
Dichiarazioni che mostrano con chiarezza quali siano le tesi di fondo dei nazionalisti rafforzate dalle raccomandazioni della Commissione Venkatchalaya, voluta dal precedente governo, sempre a guida Bjp – una breve esperienza negli anni Novanta prima di strappare ancora la guida del Paese al Partito del Congresso del Paese nel maggio 2014 e mantenerla saldamente ancora oggi. La commissione, affidata alla guida di un ex giudice della Corte Suprema con il compito di individuare possibili emendamenti alla Costituzione, inserì tra le raccomandazioni presentate nel 2002 anche quella di prevedere un articolo sul controllo della popolazione (il 47A), finora rimasto lettera morta.
Pur negando ogni volontà repressiva o strategia di dominio socio-religioso, il governo sta sponsorizzando una legge che priverebbe del diritto di voto le coppie con più di due figli, precluderebbe ai genitori 'colpevoli' l’accesso al pubblico impiego e la riduzione o cancellazione del sostegno economico per le famiglie imporrebbe sui 'recidivi' fino a10 anni di carcere. A farsene promotore a luglio, Rakesh Sinha, parlamentare del Bjp e ideologo del Rashtriya Svayamsevak Sangh (Rss) potente organizzazione di cui il Bjp è braccio politico. Ad agosto, in occasione del discorso per la festa dell’Indipendenza, lo stesso premier Narendra Modi ha parlato di «preoccupazione » per le prospettive demografiche, che ha definito «esplosive» e ha sollecitato all’azione, prendendo esempio da alcuni Stati dove simili legislazioni sono già in vigore, tra cui l’Assam.
Dopo essere diventato centrale nella revisione delle liste di cittadinanza, primo nel Paese a togliere di fatto a la scorsa estate questo diritto a quasi due milioni di individui quasi tutti musulmani di etnia bengalese, lo Stato nordorientale di Assam, va trasformandosi in un 'laboratorio' anche della politica demografica dei nazionalisti. Il parlamento locale ha approvato due anni fa una legge sulla popolazione che – è stato annunciato a ottobre – sarà applicata dal 1° gennaio 2021. Una mossa definita 'rivoluzionaria' dal primo ministro del governo locale, Sarbananda Sonowal, che segue l’esclusione dei genitori di famiglie numerose dai 'panchayat', i consigli elettivi di base. La legge prevede anche, «a beneficio dello Stato, del Paese e della società», sanzioni contro coloro che, già assunti, avranno un terzo figlio (i gemelli saranno considerati come un solo nato). Tutti provvedimenti presi manipolando i dati del censimento, sovrastimando la presenza migrante, sottostimando invece la crescente disuguaglianza socio-economica.
Non sono poche le resistenze, che riguardano anche i metodi di discussione, approvazione e implementazione dei nuovi provvedimenti con pochi dibattiti pubblici e scarsa tolleranza per opinioni diverse. Come sottolineato da padre Susai Sebastian, vicario generale dell’arcidiocesi di Delhi, la Chiesa resta salda nella promozione della procreazione responsabile e convinta che il miglioramento della condizione femminile sia più efficace dell’imposizione di sanzioni sulla prole. Inoltre, l’azione governativa, a livello periferico e centrale «va contro la coscienza». Non solo questioni ideali, tuttavia, e anche per questo, il portavoce della stessa arcidiocesi, padre Stanley Kozhichira, individua la «bizzarria » della legge che non terrebbe conto dell’esperienza cinese dove «un figlio ha ora la responsabilità di occuparsi di quattro generazioni». L’allusione è alla 'legge del figlio unico' i cui risultati rischiano di limitare fortemente le future esigenze produttive e di sviluppo della Repubblica popolare cinese.
È questo un punto determinante di confronto tra fautori e critici della legge sulla limitazione delle nascite, in un Paese dove nel 2017 si sono registrati in media solo 2,2 figli per donna in età fertile, poco al di sopra del tasso di sostituzione demografica, sebbene con un ampio divario tra diverse regioni. Comunque un dato che conferma la tendenza a una contrazione delle nascite che potrebbe portare la popolazione indiana a un consistente invecchiamento generale ancora prima che tocchi il miliardo e mezzo previsto entro la metà del secolo. Anche per questo, gli esperti evidenziano la necessità di una migliore preparazione dei giovani, una maggiore attenzione agli anziani e una più opportuna divisione delle risorse piuttosto che l’applicazione di politiche demografiche restrittive.
Una maggiore cautela da parte della politica per evitare contraccolpi economici e sociali è sollecitata da più parti, anche della Chiesa che, come rileva l’esperto in Diritto canonico padre George Manimala, auspica un approccio alla questione demografica che rispetti i pieni di diritti di tutti, privilegiando proposte e dibattito rispetto alla costrizione, con l’ultima parola lasciata ai potenziali genitori. Preoccupano inoltre quelle che l’avvocato della Corte Suprema M. P. Raju definisce 'aree grigie' della legge e soprattutto della sua applicazione anche se «che sia o meno considerata come una violazione dei diritti umani fondamentali alla fine, in India sono i tribunali che decidono dei diritti e delle loro violazioni». Ancor più quando, sottolinea l’avvocato cattolico «è del tutto chiaro che tutto questo ha come oggetto le minoranze, in particolare i musulmani».