Cattolici e politica. In azione per l'alta idealità e con progetti concreti
Caro direttore,
la riflessione sull’impegno dei cattolici in politica mi appassiona e ancor più oggi, dopo che 6 mesi fa ho deciso con altri di dar vita a un movimento chiamato Centro Solidale e di candidarmi per la prima volta (e con successo) alle elezioni regionali del Lazio, esattamente con l’idea di dare voce e rappresentanza nelle istituzioni a quelli che papa Francesco ha definito nel Te Deum 2017 gli «artigiani del bene comune», che «amano la loro città non a parole ma con i fatti».
Sono stato colpito dalle parole del cardinale Bassetti del 22 maggio 2018: mi sono sentito molto confortato, in particolare quando ha affermato che «chi si impegna nell’amministrare la cosa pubblica deve ritornare a essere un nostro figlio prediletto: dobbiamo mettere tutta la forza che ci resta al servizio di chi fa il bene ed è davvero esperto del mondo della sofferenza, del lavoro, dell’educazione». Quando abbiamo deciso di dar vita a un nuovo progetto politico, tanti ci hanno spinto a fare questo passo, convinti che tra gli eletti dovesse esserci anche almeno 'uno di noi', cresciuto e formatosi alla scuola del Vangelo e della Chiesa.
Così, di fronte allo smarrimento e alla delusione di tanti, anche credenti, dinanzi alla politica, riconoscere e incoraggiare chi si impegna per il bene comune anche in virtù della propria fede, come il presidente della Cei ha fatto con forza, è un’indicazione e un incoraggiamento importante. Cosa fare oggi? Non si tratta, a mio avviso, di tornare a formule del passato: c’è da comprendere nel profondo la realtà dell’oggi e pensare al futuro. Per troppo tempo alcuni politici hanno svilito il messaggio cristiano riempendosene la bocca e non la vita: così facendo hanno provocato la fuga di una generazione dall’impegno e una sorta di contro-testimonianza.
Altri hanno utilizzato i nostri valori (talvolta addirittura non credendo) come una 'clava' contro qualcun altro… e anche in questo caso hanno provocato divisione e smarrimento. Oggi credo che la sfida sia quella di trovare nuove vie di rappresentanza con i tanti – ricordati da Bassetti – che «nelle migliaia di Comuni italiani (e altrove)... senza alcuna visibilità e senza guadagno reggono le sorti della nostra fragile democrazia», in un mix nuovo tra identità e profezia.
Occorre ricostruire, attraverso nuovi processi, un tessuto di umanità semplice e sincera, favorendo una nuova aggregazione politica. Credo che dobbiamo compiere una scelta culturale, oltre che politica: ripartire dal 'noi', dalla sua forza, e non dall’'io'; e non da un 'noi' sempre contro un 'voi', che tanto ha inquinato la politica e la mentalità del nostro Paese e dei nostri concittadini negli ultimi anni.
Nel corso del XX secolo sono state superate le grandi ideologie politiche, senza però riuscire a proporre nuovi ideali; con l’ideologia è stata seppellita l’idealità (e talvolta anche le idee), lasciando un vuoto, anche esistenziale (soprattutto nei giovani), che genera smarrimento e assenza di punti di riferimento sui quali poter costruire anche la propria identità. Occorre investire e muoversi verso nuove direzioni, che possano portare ad una politica che abbia ideali, che possa contribuire a ricomporre un tessuto sociale sempre più disgregato e complesso. Anche perché se non si propongono grandi ideali non si possono proporre 'sacrifici' o azioni comuni: se non si opera per raggiungere un obiettivo 'alto', tutto si farà per soddisfare la mia necessità (reale o 'percepita') del momento.
Crediamo ancora nell’uguaglianza, nei diritti (collettivi e non solo individuali), nella fraternità, nella mutua solidarietà, nel perseguimento del bene comune, nella pace, come valori? La risposta sembra scontata, ma non lo è. Cominciamo a vivere e proporre esplicitamente questi princìpi. Solo questo romperà la dicotomia 'élite-popolo'. Proponiamo un’idea di sviluppo nuova e sostenibile da ogni punto di vista, fondata su robusti valori etici, sulla salvaguardia del creato, sulla conoscenza e sull’innovazione tecnologica, su una più efficace visione del sistema-Paese, che non ha paura di essere glocal , attenta al locale ma aperta al mondo.
Diamo rilievo al welfare, alla famiglia, all’istruzione, alla vita, alla cittadinanza: non è un elemento secondario, perché il benessere sociale costituisce il tessuto attraverso cui una società si connette e cresce. Sono convinto che se non si riparte dagli ultimi, non si può ricreare il tessuto comunitario, necessario al nostro vivere sociale. Gli ultimi mostrano il bisogno profondo di una società che non sia solo mercato, ma abbia una sostanza di famiglia solidale e di vita accolta, soprattutto quando particolarmente fragile. Tanti, non solo cattolici, non si riconoscono in partiti che non offrono più proposte 'alte', in cui riconoscersi, per sperare e provare a costruire una società e un mondo migliori. Quelle idee e idealità noi le abbiamo: se saremo capaci di proporle, potremo cambiare le cose.
Paolo Ciani è consigliere regionale del Lazio di Centro Solidale