Il direttore risponde. Immigrati, compagni di lavoro... amici
Mirco Pervilli, Albinea ( Re)
La sua riflessione, caro Pervilli, non scaturisce da tesi assolute né da soprassalti di coscienza bensì, semplicemente, dalla vita vissuta. Ed è proprio la vita vissuta – non la demagogia della politica – che dovrebbe aiutarci a leggere, con realismo, nella confusione del nostro tempo per trovare soluzioni sagge a problemi sociali epocali, che ci riguardano tutti. Il ritrovarsi insieme, quotidianamente, in una comunità di lavoro è una scuola preziosa per imparare a conoscere e ad accettare l’altro, constatando la grandezza e la fragilità dell’elemento umano che ci accomuna e affratella tutti, al di là delle distinzioni ( che spesso si trasformano in barriere) di pelle, cultura, religione. Quando si vive fianco a fianco, con cuore e mente reciprocamente aperti e disponibili, quando si condividono i giorni, la fatica, le aspirazioni, tanti pregiudizi si dissolvono, si svelano per quello che sono: steccati artificiali, eretti dall’uomo e non certo dalla natura. Da tempo ci battiamo – facendo informazione – affinché venga superata la pericolosa equivalenza fra immigrazione e criminalità, inaccettabile in una civiltà del diritto e della democrazia. L’integrazione dei diversi nel rispetto delle regole e la convivenza tollerante rimangono le sole carte per dare un futuro vivibile a questo nostro Paese, che degli stranieri ha estremo bisogno. Fomentare paure e chiusure significa difettare di senso della realtà; significa soggiacere a quell’egoismo sociale e a quel cinismo moderno che oggi aggrediscono la mentalità comune e che trovano la sintesi nell’affermazione del filosofo inglese Thomas Hobbes ( 1588- 1679), uno dei padri del liberalismo: « L’interesse e la paura sono i princìpi della società » . Ciò premesso, senza minimamente negare la priorità dei diritti umani e il dovere dell’accoglienza e dell’asilo, non si deve però peccare di ingenuità, perché i tempi sono difficili e la prudenza è d’obbligo. Una regolamentazione e un filtro dei flussi sono necessari e doverosi, tanto più in un periodo in cui la criminalità internazionale cavalca il fenomeno migratorio per infiltrare le società del cosiddetto « benessere » , viste come nuove frontiere di lucro e di malaffare.