Rischiose scorciatoie di fronte alla realtà . Illusi dal rifiuto dei propri limiti
Roberto Colombo domenica 9 febbraio 2014
Al di là dell’emergenza economica e politica che
non ci abbandona, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa della
vita comune, restano le grandi questioni antropologiche e sociali che
scaturiscono da quel complesso di esigenze ed evidenze elementari e
ineludibili che costituiscono il cuore dell’uomo in ogni circostanza e
lo proiettano nel rapporto con la realtà. Ed è proprio nel rapporto
dell’uomo con la realtà – la coscienza di sé e del mondo di cui egli
solo è portatore nel cosmo – che si misurano queste domande e i
tentativi di risposta a esse. Le tre questioni attorno alle
quali si è riacceso un dibattito pubblico – il caso Stamina, la
legalizzazione di alcune droghe e il matrimonio tra persone dello stesso
sesso – pur apparentemente irrelate, nascondono un tentativo condiviso,
quello di rispondere a un bisogno individuale, relazionale e politico
diffuso: vincere l’impotenza dell’uomo di fronte ai propri limiti. La
malattia inguaribile mostra sia il limite delle scienze mediche nella
loro capacità terapeutica che quello del paziente e dei suoi cari nel
riconoscere un senso per la vita anche alla sofferenza e alla morte.
L’evasione dalla 'prigionia' della dura realtà quotidiana attraverso
gli stupefacenti denuncia il limite di giovani e adulti nell’assumersi
il mestiere del vivere e le responsabilità verso se stessi e gli altri.
La vicenda del 'matrimonio omosessuale' fa trasparire il limite
culturale del nostro tempo nel riconoscere e valorizzare una
differenza-relazione, quella uomo-donna, che ci è data come compito
drammatico e luminoso dell’umano e non come scelta di 'genere', ed
evidenzia quello giuridico nel garantire a ciascun cittadino i diritti
fondamentali di tutti senza una (impossibile) estensione di tutti i
diritti particolari a ogni cittadino.
Il tentativo cui stiamo assistendo è quello di affrontare il bisogno
reale che scaturisce da questi limiti con una promessa che è
un’illusione. Non è realistica, perché censura alcuni fattori della vita
(biologici, psicologici, affettivi, generazionali e sociali), dando
l’impressione che il limite umano sia superabile scavalcando questi
fattori, anziché farsene carico e affrontarli a campo aperto. Così, i
maestri dell’illusione offrono una scorciatoia (rischiosa) per la
terapia a base di cellule staminali che abbrevia l’attesa di un
trattamento di provata efficacia saltando, a quanto risulta, il percorso
scientifico, clinico ed etico richiesto dalla realtà della
sperimentazione sull’uomo. Altri di questi (cattivi) maestri intendono
far uscire dalla clandestinità talune droghe, generando l’illusione che,
una volta legalizzate, la loro presunta 'leggerezza' le renda un
antidoto contro la diffusione di più pericolosi stupefacenti, un dato
che non trova riscontro nella realtà della tossicodipendenza.
Infine, vi è chi propone di arginare l’esodo delle relazioni affettive
di coppia dall’istituzione del matrimonio e la fuga dall’irriducibile
drammaticità della vita sessuale equiparando di diritto quello che la
realtà della differenza uomo-donna e della generazione umana non
consente di fatto. Ma la realtà è ostinata e ciò che cerchiamo
di nascondere sotto la coperta di una facile pietà per la sofferenza
fisica, il disagio sociale e la crisi della famiglia riaffiora dietro
l’angolo, generando delusione nei confronti della ricerca scientifica e
della medicina, del percorso educativo dei giovani e di recupero dei
tossicodipendenti al compito del vivere, e della ricerca di un giusto
equilibrio tra i (diversi) diritti del singolo, delle convivenze stabili
e delle coppie coniugali.