Opinioni

La politica delle parole. Rom, raccomandati, il vecchio vizio di istituire censimenti

Andrea Monda mercoledì 27 giugno 2018

L’incipit è, ancora, arcinoto: «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città».

Così fanno i grandi della storia, fanno censimenti, cioè contano. Contano tutto, anche gli essere umani, perché tutto, per il potere, è riducibile a numeri, statistiche, al calcolo della propria grandezza. E questo vale anche per quelli meno grandi, almeno fino a oggi, di un imperatore della statura di Augusto.

Ad esempio in questi giorni abbiamo assistito all’inseguimento dei due attuali vicepremier che si sono sfidati a colpi di censimenti: chi lo proponeva per i rom (e per i migranti), chi per i raccomandati convinti forse di colpire positivamente l’immaginazione dell’elettorato. I sondaggi, altra forma di censimento, sembrano dar loro ragione, ma torniamo a quell’incipit del secondo capito del Vangelo secondo Luca. Rileggendolo in controluce risulta evidente un possibile collegamento tra il censimento di oggi, richiesto per i migranti e la storia raccontata nel Vangelo.

Da molte parti è stato richiamato il particolare che anche la famiglia di Giuseppe e Maria come sudditi di uno Stato straniero si devono censire e si trovano a migrare in cerca di ospitalità, che non trovano. Poi saranno costretti a migrare all’estero, in Egitto terra nemica, per un altro tipo di 'censimento' il più radicale di tutti. Anche il protagonista di quel libro, una volta cresciuto, inviterà a contare, sull’esempio del buon pastore che si preoccupa di ciascuna delle sue cento pecorelle, quello però sarà un censimento inclusivo, misericordioso.

Ma non ha senso citare il Vangelo, né mostrarlo come vessillo o randello, sarebbe violentare l’intrinseca natura di quel testo. Semmai suona più inquietante l’altro censimento, quello sui raccomandati. Sorgono alcune domande: come si può realizzare un tale censimento? Con quali mezzi e sulla base di quali prove? Cui prodest? Che impatto ha una proposta del genere? Come per l’educazione, anche in politica, non esistono governanti 'neutrali', od operano per il bene dei cittadini o procurano loro danni, anche gravi.

L’effetto di una tale proposta, anche questa apparentemente scaturita dal desiderio di accarezzare il pelo dell’opinione pubblica per qualche voto in più, promette di essere grave: di fatto si incentiva il sentimento popolare della gogna, si inocula la 'cultura' del sospetto, si fomenta il terribile fenomeno della delazione, degno dei peggiori stati di polizia. Forse, allora, i nostri governanti dovrebbero smettere di giocare a fare i 'censori' e i contabili del popolo che devono servire, ecco un verbo di cui si è perso il valore, che però è il senso ultimo di quell’arte squisitamente umana che è la politica.