Anticipazione. Il Vangelo in Cina annuncio di libertà
Nell’intesa provvisoria è stato superato il principio dell’azione unilaterale e fissata una precisa metodologia tra le Parti, quella del dialogo Fedeli cattolici in Cina
Pubblichiamo un estratto della prefazione del cardinale Parolin, al volume curato da Agostino Giovagnoli e Elena Giunipero 'L’accordo tra S. Sede e Cina. Il cattolicesimo cinese tra passato e futuro' (Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2019). È il primo testo dedicato all’Accordo provvisorio del 22 settembre 2018 tra S. Sede e Repubblica popolare cinese. Raccoglie numerosi saggi storici, giuridici, pastorali scritti da studiosi italiani e cinesi e dedicati a questo importante risultato di oltre quarant’anni di contatti tra la S. Sede e la Repubblica popolare cinese per risolvere i difficili problemi della Chiesa cattolica in Cina. Sono presenti contributi di Andrea Riccardi, Agostino Giovagnoli, Bruno Pighin, Elisa Giunipero,Wang Meixiu, Zhu Xiaohong, Liu Guopeng, Ren Yanli, Roberto Regoli, Juan Ignacio Arrieta, GianniValente, Gianni La Bella, Chan Kim-Kwong, Zhang Shijiang, Valeria Martano.
1. Roma e la Cina
Com’è noto, l’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese è stato stipulato il 22 settembre 2018 dopo una lunga e ponderata trattativa [...]. L’Accordo è il frutto di un graduale e reciproco avvicinamento, cui si è pervenuti attraverso un dialogo durato molti anni e segna, perciò, un passaggio rilevante all’interno della lunga storia, che lo ha preceduto e che, auspicabilmente, lo seguirà [...]. Nella storia della Chiesa la Cina ha occupato spesso un posto di grande rilievo [...]. Nei secoli, grazie all’universalità della Chiesa, si è raffinato in Urbe anche un singolare patrimonio di conoscenze, di tradizioni e di esperienze che hanno plasmato una sensibilità aperta ad ogni regione e civiltà del mondo. Perciò, assumere un 'approccio romano' significa vivere l’universalità senza uniformità e la comunione senza omologazione. Tutto ciò non vuole esprimere né un progetto di dominio mondano, né tantomeno una forma di supremazia culturale [...].
Nella lunga storia degli incontri tra la Chiesa e la Cina, il rispetto della cultura cinese ha svolto un ruolo di primo piano [...]. Uno dei primi libri scritti da Matteo Ricci in cinese è stato il trattato De amicitia e con alcuni dei suoi discepoli cinesi si è sviluppata realmente una profonda amicizia, come con Xu Guangqi, Li Zhizhao e Yang Tingyun, poi divenuti i 'pilastri' della Chiesa cinese. Sono stati proprio quei 'pilastri' a promuovere un’inculturazione della fede che, da soli, i missionari non avrebbero potuto sviluppare con altrettanta ampiezza, profondità e credibilità [...]. È solo un esempio delle radici di quella 'sinizzazione' del cristianesimo che costituisce anche oggi una delle tante sfide che interpellano la Chiesa in Cina, nella linea di ciò che prima del Concilio Ecumenico Vaticano II veniva chiamato 'adattamento' e che più tardi è stato indicato come 'inculturazione'. Si tratta di processi che presuppongono la crescita di comunità locali, pienamente radicate in uno specifico contesto storico, sociale e cul- turale, ma anche autenticamente inserite nella comunione della Chiesa universale.
2. Verso un nuovo rapporto con la Chiesa universale
È a tutti noto che, sebbene animate da una volontà di servizio ecclesiale alle popolazioni locali, tuttavia, tra il XIX e il XX secolo, le missioni cattoliche sono state condizionate anche da problematiche connesse al colonialismo europeo. Con Benedetto XV si è affermato un deciso superamento di tale approccio [...]. La Chiesa cattolica e la sua presenza nel mondo hanno poi subito pesanti condizionamenti durante la guerra fredda. Nel contesto delle tensioni internazionali con la Nuova Cina, è iniziato un periodo difficile per la Chiesa nel Paese, un periodo che ha prodotto lacerazioni profonde determinando anche il ricorso alla clandestinità per salvaguardare l’esistenza di diverse comunità cattoliche locali. Durante quel periodo a molti Vescovi, presbiteri, religiosi e laici è stato chiesto di rendere ragione della propria fede attraverso la prova di una testimonianza sofferta, in non pochi casi culminata con il dono della propria vita per Cristo e per la Chiesa [...]. L’Accordo Provvisorio, pur non potendo affrontare simultaneamente tutte le questioni ancora aperte, supera il principio dell’azione unilaterale e fissa una precisa metodologia tra le Parti, quella del dialogo. È infatti grazie ad una tenace volontà di dialogo che, dopo un lungo cammino, si è riusciti a superare ostacoli, opposizioni ed incomprensioni [...]. Ciò ha permesso di giungere alla situazione per cui oggi tutti i Vescovi cattolici in Cina sono in piena comunione con il Successore di Pietro e hanno ricevuto da lui le responsabilità pastorali che esercitano. Affrontando la questione della nomina dei Vescovi, l’Accordo ha posto le premesse per dare nuovo slancio pastorale alla Chiesa in Cina e alla sua opera evangelizzatrice. Come ho sottolineato già in altre occasioni, si tratta non di un punto d’arrivo ma piuttosto di un punto di partenza, specie per quanto riguarda il definitivo superamento delle dolorose lacerazioni ereditate dal passato. L’auspicio della Sede Apostolica è che per la Chiesa cattolica in Cina si apra ora la possibilità di vivere una maggior comunione con la Chiesa universale e si inauguri uno spazio di progressiva normalità per testimoniare la gioia della fede nella terra di Confucio. La partecipazione di due Vescovi dalla Cina Continentale al Sinodo sui Giovani, convocato da Papa Francesco nell’ottobre del 2018, ha rappresentato un segno eloquente [...].
3. Oltre la contrapposizione tra globale e locale: il dialogo
L’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese [...] ha tra le sue finalità anche quella di fa- vorire la collaborazione tra le due Parti, anzitutto sul terreno della pace mondiale e della cooperazione internazionale [...]. Come altre volte in passato, anche oggi i problemi, le domande e le sollecitazioni che vengono dalla Cina interrogano l’intera Chiesa cattolica e inducono ad approfondire il tema dell’unità dell’intera famiglia umana, su cui il Magistero dei Pontefici si è espresso molte volte durante il XX secolo e che ha trovato accenti nuovi nel nesso, sottolineato da Papa Francesco durante il viaggio negli Emirati Arabi Uniti, con il tema della fraternità [...]. Nel caso cinese, poiché si è trattato di un dialogo tra soggetti sovrani e indipendenti, esso ha portato alla formalizzazione di un Atto giuridico, l’Accordo, che impegna le due Parti di fronte alla Comunità internazionale. Al riguardo, non credo sia necessario ribadire che tale dialogo istituzionale è stato condotto dalla Santa Sede in piena armonia con le verità di fede professate dalla Chiesa cattolica e in fedele continuità con l’insegnamento di tutti i Predecessori di Papa Francesco.
Tale prospettiva illumina indirettamente anche il complesso problema della libertà religiosa. L’atteggiamento della Santa Sede si ispira alla convinzione che la «libertà religiosa [costituisca] un diritto fondamentale dell’uomo [...]». È noto, però, che storicamente l’applicazione di questo diritto, la creazione di norme per tutelarlo, lo sviluppo di azioni per garantirlo, sia sul piano locale sia su quello internazionale, si sono sempre incontrati anche con i diversi comportamenti degli Stati nazionali e con la difesa dei loro concreti interessi economici, politici ed ideologici. Consapevole degli effetti di una commistione tra fede e politica negativa per la credibilità dello stesso annuncio evangelico, la Santa Sede si è mossa seguendo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, per il quale la Chiesa «in ragione del suo ufficio e della sua competenza, non si identifica in nessun modo con la comunità politica e non è legata a nessun sistema politico» [...]. Benedetto XVI ha citato esplicitamente queste parole nella Lettera ai Cattolici cinesi del 2007, traendone la conclusione che «pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l’amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il Cristo, Salvatore del mondo» [...]. Anche per quanto riguarda la Cina, la Chiesa si presenta non nella veste di chi pretende qualcosa per sé, ma in quella di chi chiede la 'libertà essenziale' per portare al popolo cinese il bene supremo del Vangelo, insieme a tutto quello di cui vediamo l’altro aver bisogno quando lo guardiamo come un fratello. Ed è per questo che la Chiesa cattolica in Cina è già impegnata in tante attività caritative e sociali, soprattutto nei confronti dei più poveri, e vuole continuare ancora su questa strada, all’insegna dell’amicizia.
Segretario di Stato di Sua Santità