Opinioni

La ferita riaperta sanguinerà a lungo. Il tremendo tradimento

Marco Tarquinio venerdì 25 febbraio 2022

La guerra guerreggiata d’Ucraina è appena ricominciata: aperta, atroce, premeditata eppure imprevedibile come quasi tutte le guerre, ma purtroppo assai peggiore di quelle che l’hanno preceduta. E non finirà presto, anche se i soldati e i mezzi russi sono stati scagliati come lampi. Vladimir Putin l’ha voluta, questa guerra, una guerra contro la storia degli ultimi trent’anni, gli anni della fine della Russia imperiale e sovietica.

Combatterla è già la sua vittoria, anche se il prezzo s’annuncia esorbitante (in vite, soldi, consensi, subalternità alla Cina). E gli occidentali un po’ per presunzione e un po’ per insipienza, convinti che si potesse sbandierare o lesinare moneta sonante e stringere collari di missili attorno all’antico nemico per dettare la pace, hanno lasciato che la guerra strisciasse di nuovo nelle vene del Vecchio Continente. Tutto questo sulla pelle degli ucraini – gente solida e tenace, gente antica che ha riscoperto e non sempre pacificato la propria anima nazionale – che dovevano essere aiutati a far crescere la loro democrazia imperfetta e che ora continueranno a rifiutare la sconfitta. E sarà tragedia. Perché se è vero che tutte le guerre sono fratricidio, questa tra russi e ucraini lo è persino più.

È gemellicidio: l’assassinio del fratello considerato troppo uguale a sé per poter essere altro da sé. L’Ucraina non può darsi, nella storia riscritta da Putin, e dunque non va assoggettata, va cancellata. Un’arroganza annientatrice, a cui non ci si può umanamente rassegnare e che rende ancor più lancinante lo scandalo dei cristiani che – brandendo e contendendosi addirittura l’evento del battesimo dei popoli della prima Rus’ – si fanno guerra tra loro con le armi del XXI secolo e la ferocia d’un passato che tutti speravamo sepolto. E così, nel cuore d’Europa le esplosioni, gli schianti, le grida di trionfo, le vecchie miserie e le nuove penurie dei poveri, gli odii senza censo, i lutti e i pianti minacciano di incendiare una Vandea slava. Dio ce la risparmi, perché gli uomini non hanno ancora imparato.

È questa la dura pagina che s’è ricominciato a scrivere nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2022. Ed è una pagina già intrisa di sangue, e che lo sarà di più.

Ci diremo, e ci lamenteremo, delle conseguenze economiche di questa guerra. Ragioneremo sul costo del gas, che a Est non si potrà comprare, e del blocco di questo e quello scambio tra noi e loro, i russi. Ci ecciteremo, magari, all’idea che ci sono servizi e agi di cui 'gli oligarchi' non potranno godere per un bel po’ dalle nostre parti… Ma la guerra non è solo un serio colpo al portafoglio e nemmeno l’ultimo stadio del cozzo tra opposti, scomposti e gelidi calcoli geopolitici. La guerra è un uncino nel cuore di persone e comunità e nazioni. È un’infezione che fa strage di giovani (il domani e la speranza), così come la pandemia ha fatto strage di vecchi (la memoria e la saggezza). È una fabbrica di dolore e di profughi.

È una logica letale. È l’incubo che torna, dopo tragiche prove generali, a massacrare l’umanità anche nel pezzo di mondo, il nostro, in cui ci eravamo detti «mai più». Questo è il tremendo tradimento.