Opinioni

L'analisi. Il trasversale che annulla gli stereotipi

Daniele Zappalà martedì 4 febbraio 2014
​Da settimane, l’esecutivo socialista francese e certi media cercavano nuovamente di stigmatizzare il presunto carattere politicamente e sociologicamente «di parte» della Manif pour tous, così come il forte rischio d’infiltrazione nel movimento di «gruppuscoli estremisti». Ma in poche ore, domenica, tutti i detrattori sono stati zittiti dalla replica festiva del popolo della “familofilia”, che ha lasciato ben pochi margini alle speculazioni pelose e alle campagne denigratorie.Contro la tesi dell’«estremismo infiltrato», le telecamere presenti hanno mostrato ancora una volta un fiume di famiglie spesso con passeggini, in un clima di grande buon umore e moderazione. A Parigi, gli organizzatori hanno chiesto durante il corteo un minuto di silenzio per dimostrare che di «esagitati» non c’era proprio l’ombra. Anche a livello politico, il movimento ha difeso la propria indipendenza dai partiti. Fra i deputati e sindaci presenti, si sono visti anche esponenti e correnti della maggioranza di sinistra, mentre il drappello di rappresentanti dell’opposizione neogollista era meno folto che in passato.           In chiave generazionale o professionale, non era possibile individuare gruppi nettamente prevalenti. Ed anche i riferimenti alle forti convinzioni religiose di una parte del movimento, certamente pregnanti, non erano riconducibili solo al mondo cattolico.Ancor più che in passato, la Manif è parsa un movimento che vive politicamente di forza propria. A dimostrarlo, del resto, sono le liste indipendenti di candidati vicini alla cordata già in corsa per le imminenti elezioni comunali di marzo e per quelle europee di maggio. A rafforzare questa scelta d’indipendenza è stata indubbiamente pure l’eterogeneità di posizioni sulla famiglia e sulle questioni bioetiche all’interno dei grandi partiti tradizionali di governo.