Il silenzio è d'oro. Ma sul colonialismo la parola (giusta) è di diamante
Gentile direttore,
ammetto che non so proprio che cosa dire quando vedo quasi trionfante il nostro Governo in missione ad Addis Abeba in Etiopia. Sono un missionario della Consolata, e ho servito il Vangelo e i fratelli per 33 anni in Sud Africa. Nelson Mandela tramite la “Commissione per la pace e riconciliazione”, in quel Paese segnato dall’apartheid delle persone dalla pelle più scura, ha compiuto scelte di chiarezza e di nuovo inizio e ha potuto “urlare”: «Senza il perdono non vi è futuro!». Ma sulla bocca della nostra signora presidente del Consiglio dei ministri nella capitale etiope non c’è stato un accenno all’epoca coloniale! Noi in Sud Africa dicevamo a proposito del passato coloniale, discriminatorio e segregazionista taciuto, negato o addirittura difeso da chi ne era stato motore e protagonista: «Così l'africano non dimentica e non perdona!». Valeva davvero la pena di fare silenzio? Tra i cappellani militari impegnati nelle guerre nel Corno d’Africa c’erano stati anche diversi Missionari della Consolata che io, seminarista a Rovereto, sentivo parlare senza rimpianto delle “loro” gesta. Un padre poi aveva meritato una medaglia d'oro consegnata dallo stesso Mussolini! Ho imparato che il silenzio a volte è d’oro, ma il parlare, quando si deve, e con la giusta consapevolezza e umiltà, può essere di diamante! La verità, anche solo quella storica, ha sempre un prezzo! Buon lavoro.
Sono totalmente d’accordo con lei, gentile e caro padre. L’esempio, per quanto riguarda noi cattolici, ci è venuto da tutti i grandi Papi della seconda metà del Novecento, epoca di decolonizzazione che ha coinciso con la feconda stagione del Concilio Vaticano II, sino alle esplicite e solenni richieste di perdono per gli errori del passato scandite da san Giovanni Paolo II, nel grande Giubileo del Duemila, e oggi da papa Francesco. Ma non pochi cristiani – anche con importanti responsabilità politiche e di governo in Italia e altrove – fanno fatica a comprendere e a seguire quell’esempio. Anche tra i laici e i diversamente credenti quest’esercizio di purificazione della memoria e di onestà storica e morale risulta spesso difficile o impossibile. Eppure, il mondo attuale – assediato da nuovi errori e orrori – chiede, anzi impone, questa saggezza e questo coraggio.