Vittime «accidentali» della camorra. Il sangue innocente spezza il silenzio
Di loro si parla poco, molto poco. Restano in disparte, discreti, all’ombra, chiusi in un dolore senza confini. Sono i familiari delle vittime innocenti della camorra e della delinquenza. Sono le mamme, i papà, i fratelli, le sorelle, i figli, gli sposi di coloro che morirono per errore o per non essersi piegati alla prepotenza disumana della camorra. Accadde un giorno. Un giorno di cui ricordano tutto, come se la clessidra del tempo si fosse inceppata.
Una telefonata li avvisava di un incidente occorso alla persona cara, con la cantilena di bugie pietose per rendere meno traumatica la notizia: «È stato ferito... non è grave... si è aggravato... ce la farà... devi farti forza... li prenderanno, vedrai che li prenderanno...». «Li prenderanno? Ma perché hanno ucciso mio marito, mio figlio, mio fratello? Che c’ entrava lui con la maledetta camorra? ». Oltre il danno, sovente, arriva la beffa. Sulla vittima innocente, almeno nei primi giorni, cala l’ombra del dubbio, viene sospettata di fare parte del clan. «Se lo hanno ucciso un motivo ci sarà», ragionano la gente e certi giornali. La verità viene a galla lentamente, ma quelle ore di dubbi e d’incertezze sono strazianti. Finalmente: si è trattato di un errore. I sicari, maldestri e cocainomani, hanno sbagliato bersaglio. Da quel palazzo doveva scendere la vittima designata, invece è apparso un altro e il killer gli ha sparato. Anche in quel bar avrebbe dovuto esserci a quell’ora un altro, la soffiata era questa. Ai parenti, agli amici, la notizia sembra assurda: «Cosa ha fatto di male il nostro Lino da meritare questa morte infame?».
Niente, è stato un errore. Un errore che, anzi, ha fatto imbestialire i capi. Loro, i boss, questi incidenti che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica non li vogliono. Loro dal killer pretendono un lavoro pulito. Silenzioso. «Finché si ammazzano tra loro...» dice qualche ingenuo, e non sa di dire una blasfemìa. Perché 'loro' si ammazzano per le strade, nei bar, davanti alle scuole, sotto gli occhi dei bambini. E in quelle sparatorie, veloci, furibonde, insensate, facilmente finisce l’innocente. Oppure: «Sapeva bene che questa è la 'legge' che vige in questa zona. Qui pagano tutti, perché si è ribellato? Chi credeva di essere? Lo ha voluto lui». Sono morti così, in Campania e non solo, centinaia di persone oneste.
La notizia passa presto, in genere il giorno stesso del funerale. Da quel giorno, invece, per i parenti inizia lo scorrere delle ore feriali, grigi, tristi. Fiori sulla tomba, lacrime, preghiere, rabbia ingoiata. La giustizia ha i suoi tempi. Lunghi, talora lunghissimi. I familiari delle vittime innocenti seguono lo scorrere del processo, a volte con interesse, altre senza nemmeno quello, perché anche quando 'giustizia è fatta' nessuno sarà in grado di far tornare a casa il figlio, il fratello, il padre. Il sangue innocente non deve essere dimenticato. Da quelle storie dolorose deve nascere l’alba di un mondo nuovo. Spetta a noi, a tutti noi, dar voce a chi ha perso la vita e a chi ne piange la scomparsa. Per chi soffre il pensiero che i propri cari non sono morti invano aiuta a portare la croce. Il dolore condiviso si fa meno pesante. Sabato scorso nella mia parrocchia una Messa è stata celebrata in suffragio delle vittime innocenti della camorra alla presenza di una sessantina di famiglie.
Davanti alla mangiatoia, con Maria, Giuseppe e la culla ancora vuota, abbiamo pregato per i morti e per chi ne piange la scomparsa. Alla fine abbiamo regalato a ognuno una Madonnina. Nessuno come Maria riesce a lenire le ferite e far rinascere la speranza. È stato un momento bello, forte, edificante. Dal sangue dei giusti deve nascere un mondo nuovo, dove odio e prepotenza sono messi al bando e la pace non è utopia. Delle vittime innocenti a volte ricordiamo solo il nome: abbiamo bisogno, invece, di conoscerne le famiglie, le storie, le vite. Dobbiamo essere insieme per continuare la battaglia giusta contro ogni mafia. Anche i familiari delle vittime innocenti hanno bisogno di noi, della nostra amicizia, della nostra solidarietà. Per sentirsi meno soli, per sentire il calore, l’abbraccio, la preghiera di donne e uomini di buona volontà, che, insieme a loro, lottano per una società più giusta, più umana.