Il mercato del lavoro in Italia. Il ruolo del Cnel rilanciato con il XXV Rapporto
Nel dibattito sui controversi temi del lavoro non mancano, da tempo, segnali di un progressivo degrado delle strutture organizzative dei corpi intermedi di rappresentanza e di mediazione sociopolitica, per usare le parole di un acuto interprete della società italiana quale è Giuseppe De Rita. A preoccupare sono le profonde divergenze nelle strategie – e prima ancora nelle visioni – di Cgil, Cisl e Uil che, come già sottolineato da “Avvenire”, ci prospettano una Festa dei Lavoratori a metà, e cioè un Primo Maggio da “separati in casa”. In questo scenario non mancano tuttavia segnali incoraggianti e anche concrete dimostrazioni della capacità delle tre confederazioni sindacali di tenere vivi i canali del dialogo.
Degna di nota, da questo punto di vista, è la pubblicazione del XXV Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva, approvato all’unanimità dalla Assemblea del Cnel del 18 aprile. Non che difettino, al nostro Paese, studi e rapporti istituzionali sulle dinamiche del lavoro. Si può anzi sostenere che l’eccesso incontrollato di informazioni – nel consentire di sostenere tutto e il contrario di tutto – abbia tolto certezze rispetto alla urgenza di conoscere con precisione i reali andamenti del mercato del lavoro, della produttività e delle retribuzioni. Le opinioni sul Cnel, sul disegno costituzionale ad esso sotteso e sui suoi 65 anni di vita, sono variegate e cambiano a corrente alternata. E tuttavia non esiste altro presidio istituzionale sui temi economici e sociali partecipato dalle rappresentanze delle forze sociali del mondo dell'impresa, del lavoro autonomo e del lavoro dipendente e di alcune organizzazioni dell’associazionismo sociale e del volontariato. Il rapporto Cnel sul mercato del lavoro non è pertanto un freddo documento statistico e tanto meno un esercizio accademico.
Si tratta piuttosto dello sforzo della “gente della mediazione” di convergere nella conoscenza e, auspicabilmente, nella accettazione dei dati di realtà prima che si avviino fasi di decisione politica. Parliamo dunque di finalità di enorme rilievo istituzionale, efficacemente scolpite nella relazione alla legge Cnel del 1986 firmata da Sergio Mattarella, ancora attuali e anzi imprescindibili per chi voglia contribuire a dotare il nostro Paese di informazioni complete e condivise su temi così centrali per la definizione delle politiche occupazionali e del lavoro e delle leggi in materia economica e sociale. È pertanto un segnale decisamente positivo che il rapporto Cnel contenga quest’anno un esame pienamente condiviso delle luci e ombre del nostro mercato del lavoro pertanto particolare attenzione al tema della inclusione e a quello della vulnerabilità.
Il rapporto viene ora messo a disposizione delle Camere, del Governo e degli enti ed istituzioni interessati, quale base comune di riferimento non solo a fini di studio, ma soprattutto decisionali ed operativi. Un segnale di vitalità anche del Cnel, grazie prima all’impegno di Tiziano Treu nella passata consiliatura e ora al nuovo corso impresso con generosità da Renato Brunetta, che rilancia nei fatti la centralità di questo organo di rilevanza costituzionale quale sede del confronto e della collaborazione tra le forze sociali e tutti i soggetti istituzionali che raccolgono dati utili per il monitoraggio delle condizioni di lavoro e degli assetti normativi e retributivi espressi dalla contrattazione collettiva.