Opinioni

Sport. Squadre femminili e maschili in campo insieme, così si impara il rispetto

Vincenzo Rosario Spagnolo domenica 26 maggio 2024

A inizio campionato, i responsabili locali della Football Association britannica non avrebbero voluto farle partecipare. Non si era mai vista una squadra femminile in un campionato maschile nella compassata terra d’Albione, patria delle regole del calcio e così legata alle vecchie e confortanti tradizioni. Ma tutte le tradizioni finiscono con l’essere innovate, prima o poi. E dopo un tira e molla burocratico, le ragazzine del Queens Park Ladies – nome che riecheggia quello di uno dei più antichi club calcistici di Londra – sono state ammesse al campionato under 12.

Alla prima partita, fra il pubblico e in campo, è stato tutto un fiorire di sfottò e luoghi comuni: aggraziate ma gracili, non andranno lontano… Ma una girandola di passaggi, tackles e tiri al volo ha spazzato via quel mormorio, lasciando spazio agli “oooh” di stupore, con gli avversari – maschietti dodicenni convinti di sapere tutto sul calcio – prima sorpresi, poi intimoriti e infine sbalorditi.

«All’inizio ridacchiavano e non ci prendevano sul serio – ha raccontato alla tv pubblica inglese la piccola Edith – ma poi gli abbiamo fatto vedere che, se potevano farlo loro, possiamo farlo anche noi». E perfino meglio. Già perché la squadretta di ladies (fondata da un papà, Toby Green, per dare alla figlioletta Olivia la possibilità di giocare) ha vinto trionfalmente il campionato di terza divisione della Bournemouth Youth Football League, conquistando la promozione con una tabella di marcia - 18 vittorie e 4 pareggi – che ha fatto guadagnare loro il soprannome di Invincibles. Una vittoria che fa giustizia di tanti pregiudizi – ancora duri a morire - sulle presunte differenze fra maschi e femmine nell’abilità in certi sport, a partire proprio dal calcio.

Le ragazze arancionero della Dimateam a Coverciano durante la Junior Cup, mentre sollevano il trofeo dell'Associazione italiana calciatori. - Cortesia dell'Asd Dimateam

Ma, se questa sonora lezione di coeducazione sul campo arriva dall’Inghilterra, va aggiunto che non è la sola. Anche in Italia - dove la prima squadra femminile nacque a Milano negli anni del Fascismo, a dispetto del machismo mussoliniano - qualcosa si muove: lo scorso fine settimana a Coverciano, abbiamo visto giocare nel torneo della Junior Cup – organizzato dall’Associazione italiana calciatori – una squadra under 12 di ragazze, allenata dalla società pugliese Dimateam, che ha sfidato le formazioni maschili.

Pure lì non sono mancati ragazzini e genitori sorpresi, ma le giovanissime arancionero si sono fatte valere, vincendo partite e guadagnandosi il rispetto degli avversari. Così, se vogliamo raccoglierla, da due campi di football, inglese e italiano, arriva una piccola grande lezione: in una società in cui ancora troppe disparità e soffitti di cristallo bloccano il cammino delle donne, favorire nella pratica sportiva occasioni di confronto “alla pari” fra maschi e femmine può contribuire a diffondere fra i più giovani semi fruttuosi di coeducazione, in modo che possano diventare adulti convinti del fatto che le differenze fra uomini e donne non debbano essere motivo per prevaricare l’altro o l’altra.

Già in molte società amatoriali, fino ai dieci anni non è raro vedere squadre miste, di bimbi e bimbe insieme, gestite con intelligenza dagli allenatori. Un metodo che funziona, perché affrontarsi a viso aperto e con fair play, può insegnare ai più piccoli il rispetto reciproco. E forse, un mattone alla volta, potrà contribuire a demolire quei muri di beceri stereotipi che certi adulti alzano solo per discriminare.