Il direttore risponde. Il rispetto per le elezioni degli altri
Caro direttore,
col senno di poi ha avuto un senso per il nostro presidente del Consiglio dei ministri fare una sorta di endorsement per Hillary Clinton? Non è stato un azzardo un po’ rischioso, visto quali sono stati poi i risultati delle elezioni americane? Nel 2016 anche la prudenza nella politica italiana è diventata da “rottamare”?
Marco Sostegni, Vinci
Credo che sia stato un errore, caro amico, e non è una convinzione frutto del solo «senno del poi». Penso infatti da sempre, e ho spesso scritto, che chi rappresenta un Paese e lo governa, soprattutto se è al vertice di una grande democrazia, debba esercitar un autentico rispetto per le democrazie degli altri e per le decisioni dei corpi elettorali. Questo non significa rinunciare ad avere opinioni e patrie politiche chiare, ma interpretare responsabilmente lo “spartito istituzionale”.
Detto questo, bisogna pur annotare che se è vero che il premier e segretario del Partito democratico Matteo Renzi ha apertamente e ripetutamente dichiarato il suo sostegno per la candidata presidente democratica Hillary Clinton, anche in giorni decisivi del duello, poi perso d’un soffio, con il repubblicano Donald Trump, è altrettanto vero che il presidente del Consiglio italiano è stato tra i primissimi capi di governo europei a salutare ufficialmente – con la tempestività, la correttezza e la cortesia dovute tra due Paesi saldamente alleati – il vincitore delle elezioni statunitensi. Diciamo che un mezzo autogol è stato recuperato in corner. Naturalmente il rispetto anche per le forme nel corso di un processo elettorale (il più delicato e decisivo in una vera democrazia, e gli Usa – come tutti sanno – ne sono il prototipo) non impedisce, nel dopo elezioni, anche tra alleati di manifestare nelle dovute maniere dissensi e consensi rispetto alle concrete politiche di un leader politico e della sua compagine di governo.
E se il buon giorno si vede dal mattino, se cioè Trump sarà conseguente con le sue impostazioni di fondo in campagna elettorale anche nel rapporto con i tradizionali alleati europei, e se i leader europei non subiranno passivamente le politiche dell’amministrazione Usa, nei mesi che ci stanno davanti non mancheranno scintille tra le due sponde dell’Atlantico... Vedremo.
Non dimentico, però, che presidenti Usa e leader europei lontani per casa politica di appartenenza in passato hanno saputo trovare strade comuni nel segno della comune affermazione dei valori tipici di quello che chiamavamo «mondo libero». C’è solo da sperare che nonostante i motivati pessimismi questa convergenza si realizzi ancora e in modo utile per tutti.
Marco Tarquinio