Il rispetto delle regole: i morti, i vivi, l'ascolto
Caro direttore,
può capitare, nella vita, che un diciottenne sia rimasto orfano perché un coetaneo ha investito suo padre con la macchina, uccidendolo. Può capitare che entrambi quei giovani impieghino anni, forse decenni, nel difficile tentativo di superare il trauma che hanno vissuto: il primo perdendo un padre appena cinquantenne; il secondo avendogli tolto la vita per un sorpasso a destra dalle conseguenze fatali. Oggi quei ragazzi sono degli uomini adulti e può capitare che alla tv vedano gli spot del Governo dove ci sono dei morti che parlano e che ci dicono come sarebbe stato bello se fossero stati attenti alla guida, allacciando la cintura di sicurezza, accendendo le luci della bici, evitando sorpassi azzardati. Sinceramente, mi farebbe piacere che mio padre tornasse per parlarmi o per dire a quell’altro che magari lo perdona, ma la cosa mi pare assolutamente, scientificamente impossibile. Allora mi chiedo se il Ministero dei Trasporti non debba lanciare un messaggio opposto per la campagna “Sulla buona strada”: semplicemente far parlare i vivi di come la loro esistenza sia migliore perché rispettano quella degli altri e la propria, piuttosto che far rivivere i defunti per poi farli morire una seconda volta.
Paolo Izzo, Roma
La sua provocazione è elegante e sensata, gentile amico. Ma nelle nostre vite e nelle nostre coscienze c’è spazio oltre che per il dolore e la gioia, per il rimorso e per il perdono, anche per la spiritualità che aiuta a non perdere mai del tutto i nostri amati morti. E chi non crede, può trovare consolazione nella poesia. Non mi azzardo, ovviamente, a proclamare pura poesia uno spot che fa parlare i morti per insegnare ai vivi che il rispetto delle buone regole (non solo) alla guida di auto è una garanzia e non un fastidio, eppure credo che un’intenzione poetica ci sia. Si potrebbe, forse, parlare di una poeticheria, ma non è questo l’importante. L’importante è che i vivi, oltre a poter dire la loro, ascoltino e comprendano la verità, chiunque la dica.