Il rispetto della realtà. L'appello del presidente Cei nella stagione elettorale
A che cosa serve oggi la politica? Come può offrire soluzioni vere e non inconsistenti declamazioni? E che cosa ci stanno a fare i cattolici? Sono domande che un cittadino – e un credente, per più di un motivo in modo speciale – è invitato a porsi da ciò che vede e da quel che gli suggerisce la coscienza. I primi passi della campagna elettorale – sinora impantanata fra trattative per candidature simili a banchi del mercato, strategie opache, reciproche deprecazioni, eccessi verbali e impegni dalla sostenibilità più che dubbia – non stanno certo aiutando a sciogliere questi tre grandi nodi, aggiungendo semmai altre incertezze che vanno ad alimentare la già fragile speranza che 'stavolta' qualcosa possa davvero cambiare.
In attesa che partiti e candidati si rendano conto che scetticismo e sfiducia sono come diserbante sparso sul suolo di un Paese che vorrebbe tornare a essere pienamente fertile, il cardinale Gualtiero Bassetti, mentre sta entrando nel vivo la campagna elettorale per il nuovo Parlamento, riabilita un termine-concetto che è forse il più inconsapevolmente negletto e bistrattato tra le élite culturali, economiche e politiche: la realtà. Lo fa con la fermezza e il rispetto che gli sono caratteristici, ma intanto lanciando una formidabile provocazione a chi pare continuamente cambiare discorso: la realtà infatti seguita a parlare a tutti con il suo linguaggio onesto e semplice, che attende solo di essere nuovamente inteso, ripulendo il campo da schemi ideologici – populismi inclusi – che hanno la pretesa di costringere quella stessa realtà dentro uno stampo angusto, a scadenza programmata. Alle astrazioni demagogiche come alle promesse senza concretezza si oppone l’appello a riprendere in mano il «libro del mondo», come l’ha definito Bassetti aprendo la sessione del Consiglio permanente Cei, una definizione tratta dal pensiero di Paolo VI e dal suo ragionamento sui «segni dei tempi» ai quali rivolgere lo sguardo prima di ogni scelta.
La gente, ognuno di noi, conosce di che pasta è fatta la realtà, e sa di non poterla eludere. E mentre si approssima un passaggio della vita collettiva che è di per sé un’occasione da non sciupare per capire cosa serve al bene di tutti, pare anzitutto indispensabile riprendere a «chiamare la realtà col suo nome», come propone di fare l’arcivescovo di Perugia citando alcune parole di papa Francesco in Cile, e «soprattutto affrontare 'la realtà così come ci si presenta' e non come vorremmo che fosse». Alla consapevolezza della distanza tra il 'libro dell’Italia' e i tanti libri delle fiabe di cui si fa pubblica lettura passa ogni possibile risposta convincente alle questioni sul senso della politica come sull’impegno attivo da credenti. È l’ora dunque di prendere la strada indicata dalla realtà a un Paese a corto di speranza – e che si deve «ricostruire» – sfilacciato nella sua trama di relazioni – e che perciò attende chi lo sappia «ricucire» – minacciato da un male oscuro che il Censis ha definito «rancore sociale» – e che per il presidente dei vescovi richiede il coraggio di «pacificare».
Si potranno proporre o aggiungere altri verbi, ma i tre che la Chiesa italiana ora propone come password per volgere i problemi in soluzioni meritano di soffermarsi per un confronto sincero. Lo esige la stagione che attraversa il Paese, incerta e confusa, ma anche carica di attese e di energie inespresse. Lo richiedono le grandi questioni sociali che si impongono come determinanti agli occhi di chi non distoglie lo sguardo dalla realtà. Quando ricorda che lavoro, giovani e famiglia sono le priorità di qualunque agenda politica che voglia camminare tra la gente sapendone leggere le aspettative vere, quotidiane, concrete, dando corpo alle speranza di offrire un futuro ai propri figli, il cardinale Bassetti propone nient’altro che un esercizio di realismo, per fedeltà a ciò che il Paese dice a chi gli vuole bene davvero.
Ed è in nome di questo amore autentico che al presidente dei vescovi esce due volte una parola forte: è quando definisce senza mezzi termini «immorale» sia «lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere» sia «speculare sulle paure della gente» con evidente riferimento in questo caso al fenomeno migratorio. I tradimenti, in altre parole, vanno guardati come tali. E i cattolici? In strada o sul divano? Nel libro dell’Italia che con la sua eloquenza sta ben aperto davanti a tutti – nota Bassetti – ci sono pagine (e non note a margine) che attendono di essere ancora scritte da credenti capaci di gratuità e spirito di servizio, di memoria di ciò che il cattolicesimo è stato a lungo capace di far capire alla comunità nazionale, e di uno sguardo ampio sulla vita, della quale va riconosciuto il vero volto, incompatibile con occhiate unilaterali: i poveri e la difesa della vita «sono due temi speculari», non ci si schiera credibilmente accanto al malato terminale se non si ha a cuore il destino del migrante. «La vita – è la sintesi scolpita da Bassetti – non si uccide, non si compra, non si sfrutta, non si odia». È vita, sempre, e basta. Questa è la verità. E la realtà, sempre piena di vita, lo dice e lo conferma.