Eleggere un Presidente della Repubblica non significa occupare una poltrona o coprire una casella cruciale nella scacchiere del potere di questo Paese. O, meglio, poiché non siamo nati ieri, significa anche questo. Ma è soprattutto altro, infinitamente di più. Il Presidente, per il solo fatto di essere chiamato a rappresentarci tutti nella Casa degli Italiani posta sul Quirinale, diventa di colpo una delle personalità più amate e rispettate dal nostro popolo, la figura alla quale civilmente si guarda, con fiducia, come comune punto di riferimento, alla quale si associa l’idea – o almeno la speranza – di un’unità non di maniera attorno ai valori della nostra Costituzione. È sempre stato così. Sempre. Anche con Capi dello Stato eletti dopo battaglie dure, senza dialogo tra le diverse anime presenti nella speciale e vasta Assemblea dei grandi elettori. E questo grazie alla “statura” del prescelto. Grazie alle indubbie qualità umane e intellettuali, al senso delle istituzioni, allo spessore morale (subito, e infine, riconosciuto integralmente a tutti coloro che si sono succeduti). A coloro che da oggi, e speriamo per breve tempo, si accingono a votare per il successore di Giorgio Napolitano chiediamo con forza di ricordarsi di tutto ciò. Se vogliono ritrovare pieno rispetto da parte dei cittadini, sappiano rispettare se stessi e i nomi di galantuomini che vengono fatti circolare nelle ultime ore di questa lunga vigilia. E, per i gesti e le scelte che compiranno, sappiano farsi dire grazie.