Opinioni

Il direttore risponde. Il presepe, il vero rispetto e la censura: motivi seri per riflettere e farsi sentire

Marco Tarquinio martedì 9 dicembre 2014
Caro direttore, c’era da preoccuparsi, seppur vicini alle vacanze di Natale, ancora nessuno aveva fatto la consueta polemica sul presepe o su altro di cristiano a scuola. “Fortunatamente” ci ha pensato un preside bergamasco, così almeno si monta la solita polemica che, tra ideologia e politica, è sempre puntuale a questo punto dell’anno. Realizzazioni di presepi e di recite a tema cristiano si contendono alternativamente il primato dell’essere vietati in qualche istituto, poi giunge il primo giorno di vacanza e tutti a goderseli quei giorni festosi, compresi coloro che li vietano e li osteggiano con ardore quasi… religioso. In questo caso, però, vengono portate avanti non ben chiare motivazioni educative. Tranne che nella tragicommedia “Natale in casa Cupiello”, raramente ho sentito bambini o ragazzi affermare che il presepe “non piace”, neanche ai non cristiani. E questo perché il messaggio che trasmette è semplice e arriva al cuore. Chi, anche senza fede cristiana, lo guarda con occhi innocenti, vede una famiglia in difficoltà che trova sostegno dall’umile gente del posto, vede un bambino tra mamma e papà senza una vera casa, vede un neonato “al freddo e al gelo”, vede persone di origini diverse ritrovarsi in una notte stellata per un felice evento. Allora il problema qual è? Anzi di chi è? Forse la paura di un “bambino nella mangiatoia” è degli adulti, di coloro che non sono capaci di inginocchiarsi davanti ai piccoli, ai poveri, agli umili, agli ultimi. Marco Pappalardo, CataniaCaro direttore, da qualche anno, in prossimità delle feste di fine anno, siamo costretti a leggere di comportamenti bizzarri da parte di presidi, professori, maestre e non solo, circa il modo di festeggiare il Natale senza urtare la suscettibilità… dei musulmani. Consiglierei vivamente le suddette persone di leggere qualche testo sull’islam (di Bernard Lewis per esempio). Scoprirebbero come l’islam e il cristianesimo abbiano più affinità di quanto comunemente si creda. Ad esempio, la concezione di un unico Dio misericordioso e la comune tradizione abramitica… Vorrei ricordare anche che il Corano riconosce l’Immacolata concezione, la nascita di Gesù e i suoi miracoli. Per non parlare, infine, del fatto che Maometto stesso esorta gli arabi pagani e musulmani a rivolgersi anche a ebrei e cristiani quando hanno dei dubbi sull’interpretazione dei testi coranici. Allora di che cosa ci dobbiamo vergognare? La convivenza è fatta di cultura e di conoscenza reciproca, non di ignoranza. Roberto Nuara, MonzaGentile direttore, continuo a riflettere sulla notizia sul divieto, posto dal preside di una scuola di Bergamo, di rappresentare il presepe. Divieto motivato dal timore che questo possa discriminare i ragazzi appartenenti ad altre culture. Nel rassicurare il signor preside che il messaggio cristiano non discrimina alcun uomo, mi pare utile ricordare che l’integrazione delle “diversità” non si realizzi impedendo alle persone e alle comunità di esprimere i propri valori, ma accogliendo e favorendo tutti nel manifestare quello in cui si crede. Permettendo cioè, alle diverse impronte culturali presenti a scuola, di rendere visibili e condividere le proprie specificità. Mi chiedo allora quale pedagogia possa appoggiare e promuovere un atteggiamento come quello espresso dal quel preside e da taluni suoi docenti, e con quale diritto vengono inibiti e colpevolizzati come protagonisti di “atti discriminatori” i nostri figli. E dicendo “nostri figli” intendo quelli di tutti i genitori, a qualunque fede appartengano!Marco Giacobbe, San Sperate (Ca)Le vostre, cari amici, sono parole e riflessioni opportune e sagge. Solo alcune tra le molte, tutte significative e preziose, inviatemi in questi giorni. Caratterizzate da un tono e da una profondità lontani anni luce dalle ciniche speculazioni di chi usa persino la francescana rievocazione della nascita di Gesù Cristo come una bandierina politica, ma – prima ancora – dalle elucubrazioni di chi pensa che i verbi educare, rispettare e integrare siano sinonimi di censurare, rimuovere e amputare. Perché è esattamente questo – censurare, rimuovere e amputare su un piano non solo religioso e culturale, ma anche civile – che nell’Istituto comprensivo De Amicis di Bergamo era stato, in sostanza, deciso di fare dal preside di concerto con alcuni insegnanti con una verticistica (e farisaica) scelta anti-presepe. È bene, perciò, come dicevano gli antichi, che certi scandali avvengano (anche se il preside in questione cerca di derubricare a “equivoco” tutta la faccenda). Il clamore suscitato ha aiutato a vedere ciò che stava succedendo e che anche altrove, magari silenziosamente e persino subdolamente, accade. E aiuta a capire che la storia di un popolo e le sue tradizioni non si possono manipolare con presunzione ideologica e (apparente) leggerezza. Eppure a questo siamo, e allora è bene che voci assennate, oneste e coerenti si facciano sentire e vengano ascoltate come meritano.