Sanremo. Il «poco ricco» di Zalone: se il superfluo è la realtà
Nella moltitudine di parole, nel frullatore di parole che il Festival è, l’altra sera due parole mi hanno colpito. Due parole di Checco Zalone, che è riuscito prima a fare arrabbiare gli Lgbt e insieme gli omofobi e poi, forse, i virologi, col suo gusto del politicamente scorretto. (Gusto di cui non mi lamenterei troppo. Siamo ormai, tutti o quasi, su determinati argomenti così disciplinatamente 'corretti', che il fatto che qualcuno stoni non dispiace).
Le due parole sono quelle di 'Poco ricco', dove Zalone è un rapper dolente: ha la Play Station 2 quando c’è già la 3, sogna i vestiti di Prada, ma poi gli tocca entrare da Zara. 'Poco ricco' è la fotografia di una fetta d’Italia. Non ricca e non povera. Un’Italia dai redditi discreti, fatta di single o magari di 'dink', double incoms no kids, due stipendi e nessun bambino: l’iPhone sì, ma non l’ultimo, le grandi firme sognate ma proibite. Non poveri: 'poco ricchi'. L’istantanea è acuta.
Racconta le folle ai centri commerciali, all’alba del Black Friday, e i falchi/falche dei saldi, in fila, golosi, il primo giorno di ribassi. Niente di male nel cercare sconti, ma il 'poco ricco' ci si applica come a una professione. Perché vuole, assolutamente vuole l’ultimo iPhone – il penultimo è già imbarazzante – ma, non può. La 'poco ricca' compra, furtiva, le copie clandestine delle borse di Montenapoleone ai mercati rionali. Ciò che conta per il 'poco ricco' è apparire. I suoi armadi esplodono, lui continua ad acquistare. Sogna, magari con un Gratta e vinci. Ignora cosa sia essere poveri veri, non arrivare a fine mese.
E in questa stato sazio ma non del tutto appagato osserva, confronta, e l’invidia si fa largo. E anche una noia di ciò che ha. Il 'poco ricco' disprezza il suo vecchio smartphone: non sa vedere che gioiello è ancora, né vede tutti quei vestiti e quelle scarpe, nel guardaroba. Se avesse dei bambini forse penserebbe meno agli iPhone e sarebbe più felice, ma non lo sa. Ciò che lo consuma in fondo è una sorta di accidia, di tedio, nel non riconoscere quanto ha. Il 'poco ricco' è un frustrato. Non è grato d’essere nato nella parte 'giusta' del mondo, nemmeno se ne rende conto.
Se viaggia, è solo per andare alle Maldive, offerta last minute: e dunque non vedrà quei confini d’Europa, a mille chilometri da qui o anche meno, dove si muore pur di passare il muro. (L’invisibile muro che divide noi da 'loro'). Il 'poco ricco' cambia canale se vede i morti di freddo al confine fra la Turchia e la Grecia (altri ne sono stati trovati, ieri, ancora). Se poi sente delle prigioni per migranti in Libia alza le spalle, «mica possono venire tutti qui».
L’idea che si possa essere profughi per disperazione proprio non lo tocca, non capisce, non ce la fa a immedesimarsi. Nei testi universitari di criminologia si parlava una volta di «delinquenti per mancanza di immedesimazione», per un’impossibilità a percepire la sofferenza altrui. Ora certo il 'poco ricco' non è un delinquente, anzi è spesso un cittadino modello. Solo, nel suo soffocato orizzonte, si annoia. Brava gente, intendiamoci. Quanto però le farebbe bene vedere, una volta nella vita, un campo profughi in Siria. O passare la frontiera con la Francia, d’inverno, sulle Alpi – in scarpe da tennis, e senza giacche a vento firmate.
Con i loro occhi, dovrebbero vedere. In tv non basta. In tv non si sente il freddo, o il sole che picchia, e i bambini che piangono, e quanto minaccioso è il mare. In tv non si percepisce la fame, e l’odore della paura. Le immagini scivolano via: era un film, era vero? Il 'poco ricco' tornerebbe da un simile viaggio sconvolto, ma forse più umano. Viaggi impossibili, certo. Intanto, però, chissà che in quelle due parole di Zalone qualcuno non si sia riconosciuto. E un dubbio, almeno, non lo abbia traversato.