Il pluralismo deve poter essere l'«anima» anche della nostra scuola
Caro direttore,
un tema ricorrente del filo diretto di Prima Pagina, la prima delle rassegne stampa che va in onda ogni mattina su Radio3, è il patologico tasso di disoccupazione giovanile originato, a detta di alcuni ascoltatori dalla modesta qualità della nostra scuola. Un conduttore ha fatto notare al riguardo che i ministri dell’Istruzione succedutisi nell’ultimo ventennio erano 'tutti riformisti', ma a mio avviso essi hanno tralasciato la riforma più importante: il pluralismo scolastico. Che invece vige, e con successo, nei maggiori Paesi europei. Col pluralismo scolastico, che io considero l’«anima» del servizio che deve essere garantito in questo delicato campo, vengono finanziate anche le scuole pubbliche paritarie e non solo le scuole statali. In questo modo si determina una sana emulazione tra i due settori scolastici, statale e paritario, che danno vita insieme a un unico sistema nazionale di istruzione.
Già, caro amico: in Italia abbiamo per legge (e secondo rigorosi canoni di legge) un sistema pubblico d’istruzione a due gambe, statale e paritaria, che esiste di diritto e serve nei fatti la libertà di scelta di tante famiglie, ma che non è ancora sostenuto da un’equa e saggia ripartizione delle risorse. Un caso amaramente unico nel panorama delle democrazie europee. E ogni anno che passa, nonostante l’ottima tenuta di alcuni istituti paritari, l’asimmetria pesa di più e la gamba della scuola promossa dalla società perde forza. A danno, prima di tutto, dei nostri ragazzi e di tutti i cittadini. Che se ne sia consapevoli o meno.