Giornata dei migranti 2017. Il «piccolo popolo»
Monsignor Gian Carlo Perego è sacerdote e direttore generale della Fondazione Migrantes (Siciliani)
Oggi, nelle parrocchie italiane, si celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il clima politico, culturale e sociale in cui questo avviene rischia di non favorire la comprensione delle storie e riconoscere i volti chi arriva tra noi. Paure, provocazioni, semplificazioni, alimentate ulteriormente da recenti atti terroristici, rischiano di annebbiare o disorientare una corretta lettura del fenomeno migratorio oggi.
La parola del Papa, nel tradizionale Messaggio di questa Giornata, ci aiuta a leggere "con gli occhi della fede" le migrazioni, ricordandoci che sono un "segno dei tempi" nella storia della salvezza. E lo sono, perché le migrazioni generano incontro, dialogo, scambio di conoscenze e competenze, nuove famiglie e nuove nascite: rigenerano una comunità.
Le migrazioni, però, chiedono uno sforzo di responsabilità e di solidarietà, con un’attenzione speciale ai più piccoli, ai più deboli. Ed è per questo che papa Francesco, quest’anno, dedica il tema della Giornata ai minorenni immigrati, che rischiano, tra i migranti, di essere i più indifesi e vulnerabili. Entrando nelle nostre città, il Papa ci invita a guardare a 1.085.274 minori migranti, provenienti da 199 nazionalità, per lo più nati in Italia o arrivati/ricongiunti con uno/due genitori o non accompagnati, che costituiscono il 21,6% di tutti i migranti nel nostro Paese.
Sono i minori che incontriamo a scuola, all’Oratorio, gli amici dei nostri figli. Questo "piccolo popolo" nel 2016 si è arricchito di 25.772 minori non accompagnati. Sono i minori più indifesi da tutelare e proteggere, da accompagnare, da includere e integrare con percorsi non straordinari, ma ordinari, familiari – come ci ricorda papa Francesco. Per loro la tutela deve essere immediata e non ritardata, come non si può ritardare l’ingresso a scuola per ragioni burocratiche; per loro che non hanno o hanno perso la casa, la famiglia non si può riservare un centro, ma una casa, un contesto familiare; anche loro hanno diritto a spazi e tempi per il gioco; la loro salute – tanto più se in arrivo da Paesi in guerra, alla fame, in preda di devastazioni ambientali – è importante come quella dei nostri figli. Nei loro volti, forse, possiamo conoscere realmente la storia degli 80 Paesi da cui provengono: il terrorismo e i conflitti in Nigeria, la guerra in 35 altre nazioni, i disastri ambientali e le violenze settarie in Pakistan e Bangladesh, la fame e la sete, la persecuzione religiosa in troppi Paesi africani.
Sempre entrando nelle nostre città, nelle famiglie che vedono il padre o entrambi i genitori perdere il posto di lavoro e cadere in nuove storie di povertà, non possiamo dimenticare il volto dei nuovi minori emigranti. Sono oltre 22mila i bambini e i ragazzi che con le loro famiglie lo scorso anno hanno aumentato il numero dei minori italiani all’estero a quasi 725mila: hanno lasciato la loro casa, il loro Paese, i loro amici, la loro scuola.
È lecito chiedersi: come stiamo accompagnando sul piano sociale, culturale, ecclesiale questa nuova pagina della nostra emigrazione di oggi, spesso sbrigativamente comunicata con l’espressione, tra l’altro infelice, "fuga di cervelli"? Siamo certi che anche i nostri figli che sono partiti per un altro Paese frequentino la scuola, abbiano spazi di gioco, siano accompagnati?
Infine, rimanendo in periferia delle nostre città, purtroppo sempre più abbandonati, continuamente costretti a spostarsi, incontriamo il volto dei rom minorenni provenienti dall'Est Europa, molti dei quali anche senza una patria, apolidi: sono oltre la metà di questo "popolo di popoli in cammino" Anche per loro preghiamo in questa Giornata. Anche con loro non possiamo non metterci in cammino per costruire nuove storie di tutela e di solidarietà.