Il pianto di un uomo ferito dall'insulto alla madre. E l'onestà di chiedere scusa
Caro direttore,
sono rimasto colpito dalla notizia che è rimbalzata soprattutto online di un fatto apparentemente banale: un calciatore che, nel bel mezzo di una partita di serie B, si è messo a piangere per aver ricevuto offese riguardanti la madre morta di tumore... «Se sono un calciatore, lo devo a mia madre. Era lei – ha affermato dopo la partita – che da bambino mi portava avanti e indietro dal campo di allenamento, ogni santo giorno, col sole e con la pioggia, facendo sacrifici immensi che solo oggi riesco a capire davvero. Sorrideva, sorrideva sempre. Non le importava se segnavo un gol, se vincevo o perdevo, se giocavo bene o male. Prima di ogni partita, dalla scuola calcio alla serie A, mi diceva solo una cosa: “Comportati bene”. Ecco perché quando l’avversario mi ha attaccato, tirandola in ballo, sono crollato». Il ricordo del bene ricevuto, magari tardivamente riconosciuto come tale, riaffiora nella coscienza matura di un uomo come sigillo di una domanda e di una verità ben profonda: Perché l’uomo fa il bene? Perché per natura desideriamo cose buone per noi e per i nostri figli e, magari, anche per chi non conosciamo? Perché il male ci ferisce? Siamo fatti a immagine di Chi? Anche un rettangolo di gioco che normalmente ci restituisce volgarità, tensioni, ansia di rivalsa, frammisti a sano agonismo, giusta volontà di affermazione, professionalità, come in tutti i settori del vivere civile e sociale, può servire a ricordarci di che pasta siamo fatti e a domandarci chi ci instilla in cuore un pezzo di Paradiso. Questa è una notizia.
I protagonisti di questa vicenda che non è solo calcistica si chiamano Riccardo Meggiorini ( Vicenza) e Zan Majer (Lecce). E le dico subito, caro amico, che apprezzo davvero molto la sua riflessione. Mi limito, perciò, ad aggiungere solamente che la vera e buona «notizia » su cui lei si sofferma è divisa esattamente a metà. Da una parte, come lei sottolinea, ci sono i sentimenti nudi e saldi di Meggiorini, dall’altra la capacità di Majer di chiedere immediatamente e sinceramente scusa. Bisogna essere veri e bisogna farsi (ma anche condividere) le domande giuste che possono germinare con le lacrime per quell’insulto feroce alle madri che molti considerano ormai un modo di dire appena colorito. E bisogna saper riconoscere quando si sbaglia. Provo a ricordarmene ogni giorno.