Una nuova stagione. Il piano per ricostruire le scuole guarda al Sud e alle periferie
Non diverranno tutte come l’asilo di Guastalla, nel Reggiano, progettato dall’architetto Mario Cucinella: un impianto a forma di antro di balena che richiama la fiaba di Pinocchio, tutto in legno lamellare, con pannelli fotovoltaici e un sistema di riciclo dell’acqua piovana per il giardino antistante. Ma per le scuole italiane sta per cominciare una nuova stagione. Dei 60.088 edifici scolastici presenti in Italia, la maggioranza risale agli anni 60-70. Di questi, già prima della pandemia quasi il 18% erano classificati come “vetusti”. È giunta l’ora di mettervi mano, in una sorta di gigantesco "bonus scuola” in campo edilizio. Ed è quel che dovrebbe avvenire con il Pnrr alle porte. La piena consapevolezza è maturata a inizio 2020: l’emergenza Covid ha reso più evidenti le criticità anche strutturali del nostro sistema d’istruzione. Ancora oggi, dopo due anni di Coronavirus, gli istituti scolastici sono tornati a rischio di chiusura, fra ricerca di nuovi spazi e discussioni sui filtri per migliorare gli impianti di aerazione.
Le scuole sono così divenute uno dei capitoli principali del Piano nazionale di ripresa e resilienza alimentato dai fondi Ue. Dei 17,5 miliardi del Pnrr destinati all’istruzione, 10 miliardi riguardano gli investimenti di tipo infrastrutturale, di cui 5,4 per interventi di edilizia scolastica. In vista delle opere da realizzare, questa materia è ora scandagliata da un agile dossier del “think tank” di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Le risorse per 5,4 miliardi del Pnrr sono suddivise, come fu illustrato dal governo a fine novembre 2021, fra 3,9 miliardi per la riqualificazione del patrimonio edilizio, 800 milioni per la costruzione di scuole nuove, 400 milioni per il potenziamento del tempo pieno attraverso l’incremento delle mense e 300 milioni per le palestre. A queste somme si aggiungono i 4,6 miliardi a disposizione per gli asili-nido e i servizi per la prima infanzia, finalizzati a creare 264.480 nuovi posti per bambine e bambini, oggetto di relativi bandi. Ci sono poi i massicci interventi già previsti: nel periodo 201318 erano stati stanziati altri 10 miliardi, più del totale cumulato dei 20 anni precedenti. "Il Pnrr è un’ottima occasione per affrontare un’emergenza strutturale che non riguarda però tutti i territori indistintamente. Per questo abbiamo predisposto una mappatura che è utile per concentrare le risorse sulle zone che più ne hanno bisogno: non solo il Mezzogiorno, ma lungo tutta la dorsale appenninica, ad esempio", afferma Andrea Montanino, capo economista di Cdp con un passato da direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale, che ha curato il testo.
Dal rapporto emergono soprattutto 4 conclusioni: in primo luogo, all’interno di un quadro che registra le criticità maggiori nelle scuole del Sud sul piano dell’assenza di accorgimenti per ridurre i consumi energetici, la situazione più critica è in Calabria e Sicilia, regioni in cui si concentrano i 32 edifici messi peggio. Tuttavia, le solite difficoltà del Meridione stavolta non sono uniformi: infatti aree della Sardegna, della Puglia e della Basilicata mostrano una situazione media positiva, quando non virtuosa. Inoltre, analizzando 4 criteri (presenza di barriere architettoniche, consumi energetici, riscaldamento e progettazione antisismica), il 15% degli edifici presenta carenze in almeno 2 di queste dimensioni su 4, anche se nella media generale le singole scuole hanno criticità su uno solo dei criteri analizzati. Infine, sempre in media, risultano maggiormente caratterizzati da problemi gli edifici delle aree più periferiche e dei Comuni con la situazione finanziaria più critica. «Siamo davanti a un intervento straordinario che deve durare per gli anni a venire – prosegue Montanino –. Per questo occorre tenere conto di una serie di fattori. Innanzitutto la riduzione della popolazione scolastica, che ci deve portare a ripensare gli spazi in una chiave più flessibile, per adattarli a esigenze scolastiche che muteranno nel tempo, mentre nel 2020 è emerso con chiarezza come gli spazi a disposizione siano ancora caratterizzati da una ridotta flessibilità. Non si possono ignorare poi l’evoluzione delle esigenze, in presenza di un’innovazione tecnologica che può cambiar volto alla didattica, e la sostenibilità ambientale, in particolare per il consumo di suolo da contenere. Così come non si può perdere questa occasione anche per cercare un riequilibrio dei divari sociali e territoriali nel campo dell’istruzione».
Nel dettaglio del Pnrr, risultano (per una platea di 58mila studenti) gli edifici scolastici indicati come da sostituire totalmente o da ristrutturare profondamente. Mentre ammonta a 2,4 milioni di metri quadri la superficie di scuole da mettere in sicurezza e riqualificare. L’analisi di Cdp (a cui hanno lavorato anche Benedetta Scotti e Carlo Valdes) è centrata su un indice di carenza strutturale (Ics) che, in una scala da 0 a 4, presenta una media nazionale di 0,8. Il primato negativo è della Calabria, dove l’Ics medio è quasi doppio. Il 33,5% delle strutture non ha accorgimenti per ridurre i consumi d’energia, pure qui con un top negativo della Calabria (il 66% circa). Meno diffusa, ma rilevante, è l’inadeguatezza della protezione dai terremoti, malgrado oltre il 70% delle scuole in Italia si trovi in zone a rischio sismico. E solo il 16,8% è stato progettato o è adeguato in base alle normative antisismiche più recenti. Ricerche simili dicono che la regione con più scuole sicure rispetto al rischio sismico è il Friuli-Venezia Giulia, con quasi il 60% del totale. Questo dipende anche dalla vetustà degli edifici: le strutture più datate si trovano a Torino (42,5% del totale), seguita da Genova (37%) e Milano (29,2%), mentre all’opposto si collocano Roma (solo il 6,6% del patrimonio scolastico), Napoli (1,2%) e Firenze (0,7%). Mentre la presenza di scuole in aree sottoposte a problemi idrogeologici è più diffusa nei territori di La Spezia e Siena, rispettivamente 23,9 e 21,2%. Altro capitolo dolente è quello delle barriere architettoniche da superare: lo studio Cdp precisa che riguardano ancora il 15% delle scuole, con un’incidenza leggermente maggiore in Umbria, Sicilia, Liguria ed Emilia-Romagna, nelle quali la carenza oscilla fra il 20 e il 25% degli edifici. La carenza d’impianti di riscaldamento invece riguarda l’1,1% delle strutture, con un primato negativo in Calabria e in Sicilia (il 5% circa), seguite dall’Emilia-Romagna col 3,6%.
Fino al 2026, quindi, molti interventi saranno destinati a scuole che si spera anche di tornare a popo-lare: la stima fino al 2040, senza un’inversione di tendenza, è di una contrazione di circa 700mila unità (-11%) degli alunni da 3 a 14 anni, con una flessione più accentuata al Sud. Di conseguenza, la domanda di nuove costruzioni sarebbe modesta, dando più spazio alla riconversione del patrimonio esistente, anche per potenziare quei servizi per la prima infanzia di cui si lamenta la carenza. Per i progetti la Cassa si sta attrezzando, anche con una quota di professionisti reperiti sul mercato, per offrire consulenza agli enti locali responsabili dei progetti la cui capacità di spesa, fa notare Montanino, «aumenterà in breve del 60% rispetto a un oggi già segnato dalla difficoltà di spendere tutti i fondi a disposizione». C’è, infine, il capitolo della 'clausola Mezzogiorno' da rispettare. In alcuni bandi precedenti il vincolo del 40% per il Sud non è stato rispettato, per via di un’altra norma che prevedeva un punteggio aggiuntivo crescente in base ai cofinanziamenti comunali, che finiva per penalizzare i comuni meridionali. Mara Carfagna, ministra del Sud, ha garantito però che in futuro il vincolo sarà rispettato. La sfida è aperta.