Giovanni Paolo I . Il pensiero di Luciani e la risalita dell'Europa
Il 1° aprile 1941 il giovane don Albino Luciani iniziava un’attività di pubblicista, collaborando con il settimanale diocesano di Belluno. I primi articoli uscivano mentre in Europa ruggivano macchine di guerra e in Italia imperava il fascismo. Colpisce un brano del febbraio 1942 sulle radici cristiane del «nuovo ordine europeo», in cui il Vangelo dovrà essere «l’anima della nuova Europa». Luciani prendeva le mosse da un’affermazione di Pio XII, per il quale «la causa dei mali odierni è la ribellione al cristianesimo». Ma papa Pacelli non era solo nel dire questo, e don Albino trascriveva anche l’opinione di un filosofo fascista, le cui righe destano stupore se immaginate sulle colonne di una rivista del regime: «Oso dire che la nuova Europa non si mette a posto né con le armi, né con gli interessi, né con le idee [...] Da correggere è anzitutto la concezione romantica dell’idea nazionale... Da correggere è anche l’assolutezza dell’idea di Stato... Bisogna contrapporre l’idea di una unità spirituale europea... Con la super razza, col super nazionalismo, il nuovo codice europeo non si fonda».
E Luciani commentava: «Pare di sentire un’eco dei messaggi papali!». Con il passare degli anni le convinzioni non cambiarono. Il 14 marzo 1978 – sei mesi prima della sua morte, il 28 settembre di 41 anni fa – il futuro papa Giovanni Paolo I parlò ancora di Europa davanti al Rotary Club di Venezia, interpellato perché nella primavera del 1979 si sarebbero tenute le prime elezioni per il Parlamento europeo.
Con la consueta chiarezza, il patriarca Luciani analizzava lo stato dell’arte, evidenziando i fattori storici, che avevano portato alla nascita degli organismi sovranazionali: «La Comunità Economica Europea si è proposta fin dal nascere [...] l’eliminazione tra gli associati degli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali; una comune politica dell’agricoltura e dei trasporti; garanzie per tutelare la concorrenza; un fondo sociale europeo per migliorare l’occupazione e altro ancora. È qualcosa di più che un’unione doganale, anche se insufficientemente politica». Erano gli anni della distensione tra i due blocchi di potere, ma le preoccupazioni permanevano, perché «perfino il vincere una guerra costa oggi perdite rovinose e conduce la stessa nazione vittoriosa al suicidio'. Corta la memoria di chi oggi spara giudizi senza senso della storia! Tuttavia, il Patriarca di Venezia evidenziava le criticità di quella che era allora chiamata 'Comunità europea'.
Accennava a uomini politici che, «continuando a opporre veti nazionali alle proposte di respiro europeo, dimenticano che solo unita l’Europa potrà giocare il ruolo di protagonista nei problemi internazionali». Neanche avesse una sfera di cristallo, per presagire il clima di oggi.
Tra i problemi internazionali evidenziava come assurdo «che le imprese multinazionali scavalchino continuamente i confini degli Stati, trovando davanti a sé solo istituzioni micro-nazionali, incapaci di controllarle». Neanche avesse una sfera di cristallo, per presagire il clima di oggi. Ancora non esistevano Amazon e Google, ma il problema era già presente. Sull’Europa unita Luciani si spingeva oltre: è «troppo poco accontentarsi della situazione attuale [del 1978!]; nella quale, in pratica, i governi nazionali rimangono i veri depositari di ogni volontà decisionaria. Bisogna mirare a uno dei tanti sistemi federali, che la storia mostra realizzabili. In esso il potere dei singoli Stati deve mollare qualcosa; applicando il 'principio di sussidiarietà', al singolo Stato resti il potere di fare ciò che le proprie forze gli consentono; ciò, invece, che supera le sue possibilità venga demandato alla comunione europea».
Erano anni in cui – nonostante tutto – sul Vecchio Continente aleggiavano fiducia e speranza. Nel giugno 1977 tutti gli episcopati europei avevano pubblicato una dichiarazione, espressamente richiamata: «La Chiesa non può restare indifferente davanti all’Europa, che va verso un’unione sempre più stretta». I vescovi del Belgio si erano espressi, ricordando quanto i popoli europei avevano dato al mondo «umanesimo e saggezza provenienti dal Vangelo […] la convinzione e la tolleranza, la democrazia e il pluralismo».
E concludevano: «Continueranno a dare solo se aumenteranno il loro peso morale con un’unione più stretta e omogenea». Nel leggere queste pagine, si avverte un po’ di malinconia, ripensando al veleno che è stato diffuso sull’idea di un’Europa unita. Par però di risalire alla sorgente di un torrente di montagna, lassù dove l’acqua scorre ancora vivace tra i sassi. Una risalita guidata da papa Luciani.