Richiamo alla responsabilità. Il Pass per colf e badanti fa fare un bagno di realtà
L’entrata in vigore delle norme che richiedono il Green pass, da vaccino o in alternativa da tampone valido, anche per colf e assistenti familiari, dette e detti badanti, comporta un’assunzione di responsabilità da parte di quegli atipici datori di lavoro che sono le famiglie, insieme alle persone che prestano servizio presso di loro. Finché l’obbligo riguardava datori di lavoro convenzionali, ossia le imprese private, il sistema pubblico, le organizzazioni del Terzo settore, i cittadini e le loro famiglie potevano rimanere in un comodo ruolo di spettatori. Ora, invece, tocca a loro far rispettare le norme.
Gli obblighi di legge confermano e rafforzano l’interesse ad auto-tutelare la propria salute e in special modo quella dei componenti più fragili dei nuclei familiari. Entra anche per questa via nelle case e nella vita quotidiana quanto papa Francesco ha tante volte ribadito: siamo tutti sulla stessa barca, non possiamo salvarci da soli. Ed è illusorio credere di poter vivere sani in un mondo malato.
Ricordiamo che stiamo parlando di un esercito di circa 850mila lavoratrici e lavoratori regolari, più un numero di posizioni irregolari stimato tra 750mila e 1,2 milioni, in sette casi su dieci persone straniere: è il settore occupazionale a più alta densità di lavoro immigrato del nostro Paese, come di molti altri, non solo nell’emisfero occidentale. L’obbligo di certificazione vaccinale assume quindi un secondo significato: rende evidente il legame tra benessere delle famiglie italiane e benessere di lavoratrici e lavoratori immigrati.
Il discorso però va necessariamente ampliato. In ambito internazionale, questo giornale ha tante volte ribadito che la riluttanza a estendere l’accesso ai vaccini ai Paesi in via di sviluppo non solo è un’ingiustizia stridente, ma anche una scelta autolesionista per i Paesi del Nord del mondo: le persone circolano, e la mancata vaccinazione dei poveri si trasformerà in minaccia per la salute dei ricchi.
La stessa questione si pone all’interno dei confini dei Paesi sviluppati, compreso il nostro. La sconfitta del Covid- 19 dipenderà dall’impegno a estendere la copertura vaccinale non solo alle immigrate e agli immigrati che frequentano le nostre case, ma anche a coloro che sono in condizione irregolare o costretti a un’ingrata sopravvivenza ai margini della società, così come agli esclusi di nazionalità italiana: lavoratori irregolari nei tanti cantieri aperti, nei campi, nei mille rivoli dell’economia sommersa, donne cadute nelle mani dei racket della prostituzione, ex richiedenti asilo che circolano tra strade, alloggi informali, stabili occupati e dormitori, abitanti dei campi rom autorizzati e non autorizzati, persone senza dimora che cercano riparo negli interstizi urbani.
Più volte la benemerita Società italiana di medicina delle migrazioni, in acronimo Simm, ha sollecitato le istituzioni pubbliche a estendere pienamente le campagne di vaccinazione a questa porzione sofferente della nostra società. Ora è evidente a chiunque che questa è semplicemente la scelta giusta, più umana e più prudente, per tutti.