Il paracadutista tremebondo. È il momento di decidere nuovo e verde
Si racconta che un paracadutista pieno di dubbi continuasse a domandarsi a bordo dell’aereo che doveva lanciarlo in volo se fosse meglio buttarsi dal portello destro o da quello sinistro. A furia di chiederselo, e di non riuscire a decidersi, il volo terminò e l’aereo atterrò senza che il paracadutista fosse riuscito a lanciarsi. L’Italia sta correndo questo rischio. Il 'pilota europeo' ci ha portato in quota mettendo a disposizione una quantità straordinaria di risorse ma noi stiamo discutendo all’infinito, e non ci decidiamo a 'saltare' nell’impresa di usarle bene.
Abbiamo probabilmente fatto degli errori durante il percorso ed è giusto riflettere sulla direzione da prendere, ma adesso è il momento di decidere con un programma chiaro e concordato su obiettivi e tempi di esecuzione, fondato su un minimo comun denominatore che unisce tutte le forze europeiste nel Paese. Minimo comun denominatore che rappresenti un compromesso ragionevole tra le diverse visioni di parti che sostengono il loro particolare punto di vista.
Ma le parti devono anche avere l’umiltà di non pensare di avere la verità in tasca, consapevoli che le ipotesi avanzate dagli altri possono arricchire il quadro. Quanto al minimo comun denominatore nessun dubbio che bisogna aggredire i nostri limiti strutturali fatti di inefficienze nei tempi della giustizia civile e nell’apparato amministrativo. È facile per chi guarda l’apparato statale dall’esterno dire che si dovrebbe muovere da questo a quel punto della strada se si ignora che chi si muove non è un centometrista ma piuttosto un elefante che avanza a fatica in una giungla di regole complesse.
La digitalizzazione ci offre un’opportunità enorme da questo punto di vista e sia il focus europeo del piano sia la stessa impostazione che si sta dando al Pnrr sono centrate anche su questi capitoli. Titoli, risorse, desiderata e strategie generali del piano non ci pongono dunque fuori tema, ma il tema adesso dobbiamo svolgerlo. Bisogna poi capire nella scelta degli investimenti da privilegiare che siamo nel corso della rivoluzione della transizione ecologica. Nella consueta lettera di inizio anno agli amministratori delegati delle maggiori multinazionali del mondo Larry Fink, l’amministratore delegato del primo fondo d’investimento del mondo (più di 6.000 miliardi di masse gestite) ricorda a chi non l’avesse ancora capito che «Adesso sappiamo che il rischio climatico è il rischio di investimento. Ma siamo anche convinti che la transizione climatica rappresenti un’opportunità di investimento storica ».
E aggiunge che nei prossimi anni le aziende che saranno indietro nel percorso perderanno la fiducia di investitori e portatori d’interesse. Per centrare l’obiettivo della sostenibilità, che è anche questione di competitività e persino sopravvivenza del nostro sistema produttivo, dobbiamo dare priorità agli investimenti che creano valore economico ambientalmente sostenibile e con esso buoni posti di lavoro e ricchezza di senso del vivere. Tendendosi alla larga dal greenwashing e da chi lo medita.
Partendo dalle infrastrutture ferroviarie dell’alta velocità al Sud e dalla garanzia dell’accesso alla Rete. Fondamentali poi i temi dell’edilizia sostenibile (ecobonus), della mobilità, della transizione 4.0, del rapporto tra ricerca e impresa e tra scuola e mondo produttivo. Infine nell’ambito della sanità e del welfare la rivoluzione della generatività ci induce a valorizzare domiciliarità, prossimità e relazioni. Nell’ambito specifico del Green New Deal italiano sarà importante dare seguito alle iniziative avviate in materia di appalti verdi, sostegno agli investimenti che ci fanno progredire nella transizione ecologica, sviluppo delle comunità energetiche, avvio delle emissioni di Btp verdi.
Un ruolo assolutamente centrale l’avrà l’economia circolare, ovvero una trasformazione di tutti i prodotti e processi produttivi che aumenti il contenuto di materia seconda (riuso/riciclo) disegnando prodotti e processi in modo tale che al termine non ci sia bisogno di smaltire costosamente scarti, ma si disponga di input intermedi di valore che consentano di avviare nuove produzioni trasformando il rifiuto da costo in risorsa. Per fare solo un esempio un’azienda vitivinicola che non deve più costosamente liberarsi di fanghi residui della depurazione di inquinanti ma è in grado di trasformare gli stessi in plastica biodegradabile ha aumentato il valore prodotto e ridotto i costi. È su queste linee che riusciremo nel futuro ad aumentare la produttività delle nostre imprese creare valore economico e molti posti di lavoro. Tutte cose che troviamo in Next Generation Eu.
La vera sfida adesso non è discutere all’infinito se a quel capitolo vanno attribuite più o meno risorse quanto piuttosto cominciare a riflettere su come realizzare nel modo migliore e nel minore tempo possibile gli intenti descritti e da mettere in ordine nel Piano. Se solo riusciremo a fare l’80% di quello che c’è scritto avremo trasformato il Paese.