Opinioni

Editoriale. Il Papa, l'aborto e la domanda che non ci fa dormire

Maurizio Patriciello lunedì 30 settembre 2024
È terribilmente triste mandare una ragazza in prigione. Eppure, se è necessario, a malincuore, con le lacrime agli occhi, occorre farlo. Qualcuno ha definito Chiara Petrolini, la donna di 22 anni accusata di avere ucciso almeno uno dei due bambini partoriti e poi sepolti nel giardino di casa sua, un’assassina. Qualcun altro si è ribellato, preferendo per lei termini meno pesanti. Questione di linguaggio. Lo è o non lo è? Se ha ucciso uno o addirittura due figlioli appena nati, certo che lo è. Se ne ha solo occultato i corpicini, non lo è. Il problema vero è che, pur cambiando i termini non cambia la realtà. Quei fiori recisi appena sbocciati mai più potranno bussare alla porta di questo mondo nel quale abbiamo trovato posto noi. Un giorno Gesù stava parlando di qualcosa d importante. Alcuni dei suoi discepoli si alzarono e se ne andarono, farfugliando: “Questo parlare è duro». L’imbarazzo in sala si tagliava col coltello. Silenzio. Gli occhi di tutti erano rivolti verso di lui. Che avrebbe fatto? Li avrebbe richiamati e chiesto loro scusa per l’increscioso equivoco? Nemmeno per sogno. Dopo qualche minuto d interminabile silenzio, rincara la dose e rivolto agli astanti: «Non ve ne volete andare anche voi?» dice. Altrove, il Vangelo ci comanda: «Sia il vostro parlare “Sì, sì”, “No, no”».

Nessuno vorrebbe un ipocrita per amico. L’ipocrita è una persona doppia, falsa, da tenere alla larga. L’ipocrita non dice quel che pensa e non pensa quel che dice. Le sue parole vanno sempre prese con le pinze. Davanti a ogni sua affermazione ti chiedi: «Ma, è vero o è una menzogna? Non è che mi sta tendendo una trappola?». Con gli ipocriti occorre sempre fare attenzione, essere guardinghi. L’ipocrita, anche dopo anni, rimane un illustre sconosciuto. Lo vediamo quasi a scadenza giornaliera. Accade una carneficina. A Nuoro un padre stermina la sua famiglia. A Paderno Dugnano, Riccardo, un minorenne manda all’altro mondo i genitori e fratellino. Tutti, parenti, amici e conoscenti si dicono sconcertati. Nulla – assolutamente nulla avrebbe fatto prevedere una tragedia del genere. San Paolo, riferendosi a Gesù: «Io so in chi ho creduto», afferma. Bellissimo. Riposante. Proviamo a immaginare di avere la stessa certezza almeno delle persone a noi più intime. Io so chi è mia moglie, mio marito, mio figlio, mia mamma, mio fratello. Lo so, perché si è rivelato. Mi ha aperto la porta per poter scendere negli anfratti del suo cuore. Per farlo, però, occorre avere il coraggio della verità, anche quando fa male, anche quando la bugia ti alletta come una comoda scorciatoia. Dostoevskij in una lettera al fratello scrive: «L’uomo è un mistero. Un mistero che bisogna risolvere, e se trascorrerai tutta la vita cercando di risolverlo, non dire di aver perso tempo. Io studio questo mistero perché voglio essere uomo».

Indagare stessi per capire l’uomo. Papa Francesco, riguardo il dramma dell’aborto ha usato, di recente, parole durissime, che, certamente, avranno ripercussioni non solo nell’immediato. Vere pietre d’angolo. Lo ha fatto nello stesso giorno in cui, nelle chiese di rito Romano, la liturgia ci proponeva il vangelo di Marco: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato in mare». Addirittura una macina da mulino? E perché? Perché la posta in gioco è alta. Guai a chi fa male ai bambini. Gesù non vuole correre rischi e si rifà a un parlare duro ma schietto. Ma è vero che chi aiuta una donna ad abortire è, come afferma Francesco un sicario? Non è troppo? Ancora una volta è solo questione di linguaggio non di sostanza.

La vera domanda, quella che ci scortica, si pone a monte. Ed è la domanda che non ci fa dormire. Una vera picconata in testa. È – credo – una delle pochissime domande vere alla quale occorre dare una risposta senza infingimenti, senza paura, senza nascondersi dietro il dito. Quando scoppia la vita? Quando abbiamo iniziato a esistere io che scrivo e tu che stai leggendo? La risposta è sotto gli occhi di tutti, scienziati, filosofi, teologi, medici, mamme, papà, ragazze, giovanotti, bambini. Ci son voluti pochi, pochissimi mesi per inventare, amalgamare, creare questo miracolo che siamo ognuno di noi. Nel posto più sicuro e misterioso dell’universo, il grembo della donna che sarà per sempre nostra mamma. Venire alla luce, crescere, gioire, soffrire, imparare, insegnare. Innamorarsi, impegnarsi, ammalarsi, guarire, invecchiare. Morire. Se qualcuno, in qualsiasi istante di questo percorso lineare fosse intervenuto con l’intenzione di soffocarlo, nessuno di noi oggi sarebbe quello che è. Troppo semplice il discorso? Sì, troppo semplice, ma terribilmente vero.