È lungo, un mese. Soprattutto quando i giorni si sono intrecciati fra timore e ansia, dopo i terremoti – il plurale è d’obbligo, cita le migliaia di scosse, da quelle devastanti alle altre che segnano il perdurare del pericolo – e il cuore segna battiti folli a ogni movimento improvviso. Un mese è la misura di un’attesa che si aggrappa alla speranza ma la sente incrinata dalla paura, e avanza il sentimento oscuro e minaccioso di una solitudine crudele. A tutta prima, orrore e compassione fanno velo alla realtà cruda di un’incertezza irrimediabile, in cui per molti nulla è più come prima, e si attende un rimedio impossibile. La casa distrutta o inagibile, le cose care divenute irraggiungibili, il disagio come umiliazione, il malessere che impedisce reazioni e progetti. Si riprenderà il lavoro? E quando? E dove? E dove andranno parenti e amici? Dove si ricostruiranno le scuole? In un mese, breve come trenta giorni ma lungo come il bilancio di una vita, molti sentono venir meno quella fiducia nel fare che è apparsa come soluzione e salvezza per ritrovare e ritrovarsi. Ed è allora che la visita del Papa nei luoghi del dolore e del terrore assume il senso di un dono, dono inatteso e perciò tanto più generoso. Il Papa padre, che vuole esser vicino ai suoi figli con la semplicità affettuosa di chi è grande e nel gesto rivela una vicinanza che nasce dal cuore e il cuore riscalda. Una visita breve, quella di martedì prossimo: una benedizione e un saluto, come ha spiegato il vescovo Cavina, in cui il Pontefice, nei luoghi della distruzione, ricorderà la presenza di Cristo e inviterà alla fiducia. La testimonianza, fra i ruderi della chiesa crollata in cui un sacerdote si è sacrificato per salvare alla sua gente i segni di una devozione antica, che anche nel dolore più atroce e nell’incertezza più graffiante la solidarietà, che nasce dalla preghiera, illumina e guida, fino all’impossibile. Carpi e Rovereto e Novi, e ogni altro luogo d’Emilia e di Lombardia devastato dal sisma, saranno testimoni, martedì, di un abbraccio paterno, di una condivisione totale. Pregheranno insieme, il Papa e i terremotati, nei luoghi che mostrano le ferite aperte e il vuoto di un presente amaro. E il gesto generoso sarà come il segno di una ripresa, di una comune volontà di speranza, un invito al coraggio, alla sopportazione tenace e al ricominciamento. «Non siete soli!» dice il Padre, e sarà inizio di un nuovo cammino.