Opinioni

Il direttore risponde. Il pallone che si può e si deve sognare (vicino alla gente, libero da impacci)

Marco Tarquinio giovedì 26 giugno 2014
​Caro direttore,
comincio a scrivere queste righe mentre l’Italia non è ancora scesa in campo contro l’Uruguay. Ma voglio dirle sin d’ora, anche se molti penseranno che sto sbagliando, che per me c’è più di un ragionevole motivo per non guardare i Mondiali di calcio. Molte sono le rappresentative di Stati europei che sono andate a giocare in Brasile mentre nel Mediterraneo migliaia di persone cercano di fuggire alle sciagure che hanno colpito la loro patria in Africa. È di queste persone che gli Stati europei si dovrebbero preoccupare mobilitandosi per far fronte a quella che è ormai una migrazione apocalittica. Non solo, diverse rappresentative appartengono a Stati palesemente belligeranti e in alcuni di essi la guerra fa centinaia di vittime ogni mese. Come se non bastasse, il Brasile, che ospita i giochi, ha speso somme ingenti per questa manifestazione pur a fronte delle proteste delle classi sociali più povere, che fanno fatica a tirare avanti. Ma che importa! Lo sport «unisce, supera le differenze , fa fraternizzare»! E soprattutto arricchisce coloro che già sono economicamente potenti, coloro che sugli eventi mondiali lucrano, lasciando solo le briciole ai “poveri cristi”. Io non ci sto, e ormai da anni mi rifiuto di partecipare anche solo come spettatore a questi eventi. Che dire poi del modello educativo che arriva ai nostri bambini dai calciatori e dalle tifoserie? Ma si possono guadagnare centinaia di migliaia di euro tirando calci a un pallone e portare a casa (quando si riesce a trovarlo, il lavoro) sì e no 1.600 euro al mese dopo anni di studio, di esami sostenuti, di concorsi superati o arrivare appena a 1.000 euro facendo i turni in fabbrica? I sacrifici degli operai, degli insegnanti, dei medici, degli infermieri, delle forze di polizia, degli artigiani e degli agricoltori sono forse inferiori a quelli dei calciatori? E che dire di quanto succede dentro e fuori gli stadi? Quanti episodi di arroganza quando non di violenza gratuita? Quanta rabbia espressa con il linguaggio e con le azioni contro persone e cose? L’atmosfera di una società come questa “intossica” ogni nostro bambino e abbiamo il dovere di assumerci delle responsabilità, correggendo il tiro di una passione che è diventata ormai solo pretesto di uno stordimento collettivo, spesso indotto e sfruttato ad arte! Mi si dirà che sono “qualunquista” ma sono certo che sono ormai veramente tanti i “qualunquisti” come me e questo è il mio invito a non guardare più le partite di calcio dei Mondiali, che l’Italia ci sia o meno, facendosi promotori di iniziative che spingano tutti, in primis i bambini, a una sana pratica sportiva che possa davvero educare al divertimento e allo spirito di gruppo. Mai più lo sport sia una professione da cui “spremere” cifre scandalose, ma torni a essere principalmente e semplicemente una sana passione, parte di una vita serena, che contribuisce veramente alla gioia condivisa!
Paolo Cingolani, Jesi (An)
Penso che più di quanti lei immagini siano tentati, caro signor Cingolani, di seguire il suo esempio: spostare il proprio sguardo dal Mondiale, spegnere la tv e dedicarsi a tutt’altro. Certamente e principalmente a causa dell’eliminazione dell’Italia del pallone, ma forse anche per un crescente senso di nausea per il modo con cui viene condotto un gioco bellissimo e davvero popolare e però ormai attorniato e inquinato da affarismo, azzardo, violenza, dimenticanze e noncuranze per le sofferenze e le fatiche della gente vera… E questo nonostante che ci siano, anche in quel mondo ricchissimo e viziato, fior di belle persone che giocano con stile e umanità e si spendono con generosità anche fuori dal campo di calcio. Penso pure che chi nutre speranze e fa discorsi come i suoi, caro amico, non passi – come lei teme – per uno che semplicemente sbaglia, ma per uno che fa sogni complicati e in fondo “impossibili”. Non si preoccupi, abbiamo bisogno di insistere in sogni come questi. Perché l’idea e la realtà di uno sport fatto e goduto, secondo una bellissima immagine rilanciata da Papa Francesco, soprattutto «per diletto» meritano di essere coltivate e comunicate a tutti e soprattutto ai più piccoli. Continui a farlo, questo è uno dei sogni che è bello ricominciare a fare. E che è indispensabile fare insieme.