Opinioni

Generazioni. Il Pakistan dei giovani digitali vuole un futuro con meno barriere

Stefano Vecchia mercoledì 4 settembre 2024

Difficile parlare del Pakistan come di un Paese stabile e in grado di garantire ai suoi giovani prospettive certe e benessere, come anche libertà di decidere del proprio presente e del proprio futuro, se non entro la ristretta cerchia delle sue élite anglofone e dei suoi apparati amministrativi e mililtari. La guida locale che ci accompagna lungo le impervie strade del nord del Paese verso aree montane di straordinaria bellezza e serenità, nonostante la prossimità dell’Afghanistan in mano ai Taleban e la possibilità di incursioni dimostrative delle loro affiliazioni locali, vede poche alternative per i giovani che non affrontino studi adeguati con un uso esteso dell’inglese, proibitivi per tante famiglie, e l’emigrazione per la quale possono contare sul supporto delle estese comunità pachistane per un inserimento che deve aggiungere ai requisiti richiesti anche quello – pesantissimo – di liberarsi di una fama di sponsor o attori del terrorismo. Una fama negativa difficile da scalfire che pesa su tutta una popolazione che nei confronti dello straniero mostra accoglienza e attenzioni rare altrove. Quindi come ha fatto il primogenito della guida, ora nel Regno Unito, così faranno gli altri figli, almeno finché lui potrà condurre nelle sue vallate gruppi di viaggiatori, che sono ancora solo una frazione dei flussi precedenti l’11 settembre 2001.

La condizione attuale del Pakistan sembra agli occhi degli osservatori esterni priva di prospettive e di potenzialità. Ma se le prime dovrebbero essere cura di governi allo stato di fatto incapaci di superare la provenienza elitaria dei loro componenti e gli interessi particolari che li privilegiano, insieme a quelli dei militari “tutori” del Paese, le seconde sono molte e concrete, offerte oggi ai migliori acquirenti interni e stranieri, senza premiare adeguatamente il duro studio e lavoro di tanti con una maggiore equità nella distribuzione dei benefici economici.

Vasto più di due volte l’Italia e prossimo ai 220 milioni di abitanti, il Pakistan ha una età media fra le più basse in Asia – 20,6 anni –, e la fascia in cui si collocano i Centannials della Generazione Z – dai 15 ai 29 anni – rappresenta il 30 per cento del totale. Numeri che danno il senso delle possibilità di cambiamento a cui si aggiunge un inurbamento che, se non rapido come in altri Paesi, ha comunque portato nelle città e quindi più facilmente a contatto con fattori di innovazione e progresso un terzo della popolazione complessiva.

Inevitabilmente, le tendenze comuni a una generazione globalizzata sono presenti anche in una realtà come quella pachistana forse meno propizia di altre all’indipendenza di pensiero e all’innovazione per la sua situazione politico-sociale, da un lato, per la convergenza di regole religiose e tradizioni etnico-tribali, dall’altro. Tuttavia, l’uso di Internet è diffuso e consente di superare o ignorare in parte il settarismo, alimenta il pluralismo. L’accesso alle piattaforme social, all’e-commerce e alla nutrita presenza di mass media online fa dei giovani internauti pachistani una componente importante nello sviluppo di tendenze e nella proposta di innovazione, conoscenza e creatività sfidando la censura del radicalismo religioso e, in determinante situazioni, i “diktat” dei comandi militari.

Il digitale, a partire dalle possibilità concesse dagli smartphone, è una presenza costante; il suo utilizzo fotografico incentivato dalla selfie-mania è imperante. In modo crescente influencer e blogger si propongono e accedono alla notorietà sulle piattaforme social fornendo ai giovani un approccio alla realtà innovativo negli strumenti e nel linguaggio, accanto alle informazioni dei media, alle proposte commerciali e ai sermoni religiosi. Se non tutti, molti oggi in Pakistan possono trovare in Internet possibilità di conoscenza e strumenti per partecipare al dibattito politico e sociale. Un aspetto, quest’ultimo che a volte sfida gli apparati di sicurezza per il rischio di diffusione di messaggi considerati faziosi o destabilizzanti. Nei momenti di maggiore tensione, le piattaforme social o il complesso di Internet possono essere bloccati per ore, ma questo non impedisce la presenza di una pluralità di voci, idee e modelli di comportamento che trovano nella Rete la possibilità di diffusione accolta con entusiasmo dai Centennials, come dai predecessori Millennials, ma diversamente da questi più libera nell’espressione.

L’utilizzo di Internet e l’esigenza di una comunicazione il più possibile aperta accompagnano i percorsi esistenziali dei giovani, e ancor più contribuiscono a delineare le loro aspirazioni centrate anzitutto sul soddisfacimento di necessità immediate e nella ricerca di una prospettiva lavorativa che premi il loro impegno a salire una scala sociale di difficile accesso per il persistere di privilegi, nepotismo e corruzione. La ricerca di un miglioramento è quindi inevitabilmente connessa con l’erosione di un sistema di privilegi, un tempo difficile da affrontare ma che oggi mostra segni di cedimento con una prospettiva di maggiore mobilità. La consapevolezza degli under 30 di essere motore di cambiamento è dimostrata dalla partecipazione a manifestazioni politiche, militanza, dibattito sui problemi del Paese. A volte con determinazione, entusiasmo o atteggiamenti provocatori che espongono a rischi.

Non è stata dimenticata la blogger, attivista, cantante e modella Qandeel Baloch uccisa nel 2016 a 26 anni dal fratello su sollecitazione della famiglia perché accusata di averne infangato l’onore con post provocatori e atteggiamenti estremi per la morale islamica, ritenuti inaccettabili per una donna. Sono decine i blogger, vlogger, influencer, giornalisti di media online assassinati successivamente, ma questo non ha fermato una cauta quanto costante evoluzione che riguarda anche l’informazione nelle sue varie forme, la musica pop, la cinematografia. La produzione televisiva ha visto anche programmi innovativi su modello straniero, come “Pakistan Idol”, e propone oggi su una varietà di reti nazionali e locali, programmi di svago e di informazione con una sensibile partecipazione femminile e giovanile.

In Pakistan – Paese che ha avuto alla guida del governo una donna, Benazir Bhutto – la candidatura di Kamala Harris alla prossima presidenza Usa è diventata, insieme al confronto con Trump, tema di accese analisi. Allo stesso modo, pochi giovani sono all’oscuro della breve “rivoluzione” che il 5 agosto ha portato gli studenti del Bangladesh (ex Pakistan orientale) a porre fine con il consenso delle forze armate a un governo semi-dittatoriale e ad affidare in via transitoria la guida del Paese al Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus.

I Centennials pachistani, che vanno affacciandosi alla vita attiva con maggiore capacità critica e individualismo rispetto alle generazioni precedenti, ora si trovano all’incrocio fra resistenze e possibilità, situazione interna e apertura internazionale, spesso alle prese con grandi difficoltà a concretizzare le proprie aspirazioni. Tuttavia, pur se immersi nelle contraddizioni e nelle divaricazioni sociali della propria terra, sono figli di questo tempo. E, insieme a questo, l’età e il numero giocano a loro favore come strumenti di cambiamento.

8-fine