Opinioni

Anno giubilare. Si può pensare a uno scambio tra i debiti ecologici e finanziari?

Leonardo Becchetti e Giulio Guarini venerdì 27 dicembre 2024

Mascherine contro l'inquinamento atmosferico

La radice biblica e la tradizione storica del Giubileo ci parlano di un tempo kairos nel quale resettare le posizioni creditorie e debitorie per esigenze di giustizia. In una logica di fraternità e di solidarietà, la remissione del debito rappresentava di fatto un ripristino della parità di opportunità partendo dal principio che il dono della vita e dei beni della terra era stato concesso originariamente da Dio in parte eguale a tutti gli abitanti del creato.

La novità di questo Giubileo, rispetto ai precedenti, è quella del debito ecologico, tema sollevato da papa Francesco nella Laudato Si’ e ripreso poi più volte nei suoi discorsi e nel recente intervento del cardinale Parolin per conto della Santa Sede alla COP29 sul clima.

Se esiste un debito economico che vede Paesi a basso reddito del Sud del mondo come debitori nei confronti dei Paesi ad alto reddito, c’è anche un debito ecologico rispetto al quale le posizioni s’invertono e siamo noi ad essere debitori.

Ci sono due modi per spiegare il debito ecologico. Il primo è legato alla pratica oggi comune della distribuzione dei diritti ad inquinare in proporzioni eque (environmental trading system) tra le aziende di un determinato settore dell’economia per determinare un livello massimo di emissioni che non deve essere superato per esigenze di transizione ecologica. Successivamente le aziende ecologicamente più efficienti possono vendere i loro diritti ad inquinare alle aziende meno efficienti che hanno più bisogno d’inquinare per poter mantenere in vita le loro produzioni in un meccanismo di scambio che stimola ed incentiva l’aumento di efficienza ecologica delle imprese stesse.

Possiamo immaginare analogamente che sia esistita storicamente una ripartizione equa dei diritti inquinare tra i diversi stati. Le differenze di velocità di sviluppo hanno però fatto sì che i paesi ad alto reddito abbiamo prodotto molte più emissioni e dunque figurativamente utilizzato molti più diritti ad inquinare senza “acquistarli” dai paesi a basso reddito, maturando in questo senso un debito ecologico nei loro confronti. Un’altra prospettiva dalla quale guardare il problema è quella dei servizi ecosistemici.

L’ecosistema (qualità dell’aria, dell’acqua, dei suoli) è lo spazio vitale in cui viviamo che rende possibile la nostra vita sulla Terra. I servizi che l’ecosistema ci offre valgono, se avessero un prezzo di mercato, più del Pil globale. I Paesi poveri sono ricchi di risorse naturali (si pensi alla foresta amazzonica) che svolgono un ruolo fondamentale di cattura di CO2 mitigando la crescita delle emissioni e contrastando il riscaldamento globale. Non abbiamo mai pagato questi servizi e il problema concreto è che nel frattempo questi paesi, per esigenze di sviluppo e di servizio stesso del debito, rischiano di distruggere il loro capitale naturale che rappresenta un patrimonio per l’umanità.

Tornando al tema del debito estero, il giubileo arriva in un momento opportuno nel quale le periodiche crisi di debito estero dei paesi a basso reddito sono tornate ad essere acute e gravi. Esattamente come nella prima metà degli anni 80 l’alta inflazione ha costretto Europa e Stati Uniti ad adottare politiche monetarie restrittive aumentando i tassi d’interesse che hanno aumentato i rendimenti sui nostri titoli obbligazionari. Si è innescata una fuga verso la qualità con gli investitori che hanno abbandonato i titoli dei paesi poveri ed emergenti, costretti ad inseguire i rendimenti dei paesi ricchi alzando anche loro i tassi. Il circolo vizioso di svalutazione del cambio, tassi d’interesse in aumento ha portato alle stelle per questi paesi il costo del debito espresso spesso in valuta forte (dollaro) e a tassi variabili, un po’ come è accaduto da noi per chi aveva mutui a tasso variabile.

A questo problema si è sommato quello delle conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina e del rincaro delle importazioni di grano che hanno anch’essi alimentato povertà e debito. La conseguenza è stata la dichiarazione di fallimento di diversi paesi (Argentina, Ecuador, Libano, Suriname, Zambia e Belize seguiti da Sri Lanka, Ghana, Malawi e Ucraina tra il 2021 e il 2022). Anche nei paesi a basso reddito dove il default non è arrivato il peso del debito la situazione è spesso quella di spese per interessi che riducono di fatto l’investimento in salute ed istruzione e l’uscita dalle condizioni di povertà. Stime delle Nazioni Unite calcolano che nel continente africano si spendono 70 dollari pro capite per il servizio del debito contro 60 per l’istruzione e 39 per la sanità. Dall’insieme delle circostanze che hanno portato a questa situazione descritte in questo articolo è evidente che la questione di giustizia sorge per il fatto che chi ne paga le conseguenze non ha alcuna responsabilità.

La letteratura in materia offre diversi modelli possibili di scambio tra debito finanziario e debito ecologico e di pagamento di servizi ecosistemici che potrebbero essere utilizzati durante il giubileo per realizzare l’obiettivo di dare nuove opportunità a chi ne ha più bisogno accelerando contemporaneamente la transizione ecologica. L’esortazione della Santa Sede alla COP29 ai paesi partecipanti è di metterli in atto cogliendo il tempo-opportunità del giubileo per conciliare giustizia e sostenibilità.