Storia amara (e responsabile) di un migrante. Il Natale di Niamey si chiama Leonardo
Migranti africani
Si chiama Leonardo. Il Natale di Niamey si chiama Leonardo, originario della Repubblica democratica del Congo, che ha avuto una quarantina di morti-uccisi appena qualche giorno fa. La Rdc ha uno sciagurato presidente mai eletto, che si mantiene al potere e continua a fare la fortuna sua e dei suoi complici di affari. Sommati a quelli della volta precedente, i morti sono oltre un centinaio di morti, decine sono i feriti e centinaia gli oppositori arrestati sempre in nome della democrazia. Leonardo lo sa bene, perché è da quel Paese che era scappato qualche mese fa. Abbandonando i suoi figli per dare loro un futuro.
Soffre, Leonardo, la «doppia assenza» migrante di cui ha scritto anche Abdelmalek Sayad. Doppia in tutti i sensi, perché Leonardo ha avuto la notizia che i due fratelli con cui era partito sono annegati nel Mediteraneo. Doppia assenza che si porta negli occhi e nella memoria. Non è casa e non è altrove. Leonardo è assente dappertutto.
Sta attendendo, Leonardo, che l’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni, l’Oim, prepari i documenti per il viaggio di ritorno al Paese. Manda un messaggio natalizio che conferma l’attesa della buona notizia della partenza. E osa parlare di speranza. Due fratelli annegati, quattro figli e la moglie a Kinshasa, nella capitale della Rdc. Ma si permette di affermare che, anche nelle situazioni difficile non si è mai soli. Che Dio è con noi. Leonardo scrive che lo stesso Dio del Mediterraneo ha cambiato il rimorso in qualcosa d’altro. Si dice persuaso che il suo Dio, anche sotto le feste, lavora a riscrivere la sua storia. Dice di avere capito che ogni viaggio ha le sue sfide, le sue sconfitte e le sue vittorie. Ringrazia Dio di essere ancora vivo.
I suoi fratelli gli avevano ingiunto di attendere nel deserto del Niger, mentre loro sarebbero partiti per mare. Una volta in Italia gli avrebbero mandato i soldi per raggiungerli. Leonardo è grato di essere ancora vivo e di poter tornare per occuparsi di figli e nipoti, figli dei suoi due fratelli seminati nel Mediterraneo. Dice poi che Dio non arriva mai in ritardo, che arriva puntuale e che Gesù possiede l’ultima risposta. Eppure la tristezza per la scomparsa dei fratelli lo accompagna. Una telefonata dalla Libia lo aveva informato dell’accaduto. Sua madre e i suoi figli vogliono che ritorni presto. Suo padre aveva venduto il terreno per pagare la morte di due figli su tre.
Leonardo dice di essere un testimone vivente e così sente adesso la sua vita. Dice anche che ogni problema ha una data d’inizio e una data finale. Nella casa Oim di cui è ospite nel frattempo ha problemi di cibo. Non riesce a mangiare il riso distribuito alla mensa e gli mancano i soldi per sostituirlo. Ricorda una promessa di farlo partire la settimana prossima o forse la seguente. Dipende dai documenti e dalla situazione politica del Paese. Assicura che una volta nel Congo non si dimenticherà di raccontare agli altri la sua avventura.
Leonardo dice che nella casa sono in tanti che si preparano a tornare, di varie nazionalità. Dice che non vuole ritentare di andarsene dal suo Paese. Leonardo dice che dovrebbe partire la settimana prossima, se tutto va bene. E intanto passa il suo primo Natale a Niamey.
Niamey, 24 dicembre 2016