Il caso Diciotti e il Paese. Adesso il Governo eviti di isolarsi. E apra la vera agenda
Caro direttore
è stato un nuovo e concreto gesto di forte solidarietà della Chiesa italiana la scelta di offrire accoglienza diretta a un centinaio dei profughi della nave 'Diciotti'. Va dato atto alla Cei e alle associazioni cattoliche – tra cui spicca la Comunità Papa Giovanni XXIII – di essersi battute per trovare una soluzione umanitaria al dramma di tanti persone in condizioni davvero disperate e gravi. Ed è significativo che molti di questi profughi saranno ora ospitati in una comunità dove comincerà subito il processo di integrazione attraverso l’apprendimento della lingua italiana.
Questa è la strada giusta. Ha detto bene papa Francesco: «Occorre una accoglienza ragionevole e questo compito lo deve individuare l’Europa. Bisogna dialogare e le soluzioni si trovano». Purtroppo il mancato accordo a livello europeo sulla redistribuzione dei migranti della Diciotti è stata l’ennesima fumata nera che ha aperto una ferita profonda tra il Governo italiano e Bruxelles.
Se, da una parte, l’atteggiamento del Governo Conte continua a essere molto rigido e dai toni palesemente ricattatori nei confronti dell’Europa, dall’altra, si continua a registrare una posizione miope ed egoistica da parte di diversi Stati della Ue che non intendono dare dimensione comunitaria all’applicazione delle norme sul diritto-dovere d’asilo, e così – di fatto – si continua a far pesare soprattutto sui Paesi di arrivo la gestione dei flussi di migranti e profughi.
Detto questo, hanno ragione sia il ministro degli Esteri Moavero sia il presidente del Parlamento europeo Tajani: pagare i contributi alla Ue è dovere legale degli Stati membri. Il non pagarli aprirebbe un contenzioso lungo e dispendioso per l’Italia, scavando un solco inaccettabile sul destino della stessa Europa e sulla credibilità politica e finanziaria del nostro Paese. Lo stiamo vedendo già in queste settimane, con l’aumento dello spread che come sappiamo bene si scarica direttamente sui conti delle famiglie italiane. L’isolamento dell’Italia non porta bene.
Non è questo il percorso politico e diplomatico da seguire. Bisogna invece confrontarsi con un approccio diverso, con pragmatismo e senso di responsabilità. Si devono ricercare alleanze sul piano europeo con i Paesi che hanno nella loro tradizione politica e sociale la cultura dell’accoglienza e della integrazione tra i popoli e non quella dei muri, della xenofobia e addirittura del razzismo.
Per questo obiettivo, tutto il sindacato europeo deve mobilitarsi unito, mettendo in campo una iniziativa comune per rilanciare il processo di integrazione europea nel quadro dei valori dell’accoglienza pacifica, di una solidale e corretta distribuzione dei migranti in tutti i Paesi della Ue, della cooperazione internazionale, del contrasto ai trafficanti di uomini e donne. Non si va da nessuna parte drammatizzando la situazione, con scelte demagogiche e populistiche che rischiano di alimentare sentimenti di xenofobia e di razzismo. Questo è un atteggiamento che non appartiene alla tradizione sociale e culturale del nostro paese.
L’appello accorato di papa Francesco sul dovere universale di proteggere e custodire la vita umana non può essere ignorato da quanti hanno responsabilità istituzionali. Il fenomeno migratorio non si può arginare impedendo l’accesso ai porti delle navi che hanno compiuto operazioni umanitarie o con atteggiamenti di sfida nei confronti degli altri Paesi. Si può e si deve gestire con umanità, solidarietà e soprattutto senso di responsabilità. Gli immigrati servono all’Europa e all’Italia, alla nostra economia, perché integrazione significa anche crescita e conoscenza. La strada per salvare la nostra stessa umanità dall’imbarbarimento passa dall’impegno a custodire sempre il dono della vita, tutte le vite, partendo proprio dai più deboli e bisognosi di assistenza come i profughi in balìa dei trafficanti di morte. Il populismo riempie i cuori lasciati vuoti dall’assenza di ideali e di riformismo.
Si usa il tema dei migranti come se fosse una arma di distrazione di massa, nella complicità di una Europa sempre più divisa, illusa dai sovranismi, chiusa in fallimentari politiche iper-rigoriste. In mezzo ci sono migliaia di disoccupati, pensionati che non arrivano alla fine del mese, milioni di famiglie che devono far fronte a problemi quotidiani. C’è un Paese sempre più diviso tra Nord e Sud, ponti che crollano e fiumi che esondano, infrastrutture fatiscenti, centinaia di aziende che rischiano di chiudere, operai che muoiono ogni anno per assenza di misure di sicurezza sul lavoro, giovani delusi dalle promesse e pronti a fare la valigia per emigrare a loro volta, come si faceva alla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento.
Ecco perché il sindacato, la nostra Cisl, non è disposto a cambiare agenda. Questi sono i veri problemi del Paese su cui siamo pronti a confrontarci senza pregiudiziali anche con questo Governo. Il tempo delle scelte sta per arrivare. E la Cisl non resterà immobile in attesa che le forze politiche dismettano questa campagna elettorale permanente sulla pelle dei migranti e dei più deboli.
Segretaria generale Cisl