Sotto il manto della Vergine Maria, giusto un anno fa, Benedetto XVI poneva il cammino di preparazione alla XXVI Giornata Mondiale della Gioventù che si sta per aprire a Madrid. Ora che siamo sul portale d’ingresso dell’evento, alla materna guida di Maria dal cielo della sua gloriosa assunzione continuiamo ad affidare gli appuntamenti di questa settimana, culminanti nell’incontro con il Santo Padre sabato e domenica prossima. Sono più di centomila i giovani italiani annunciati e centodieci i vescovi che li accompagnano - quasi la metà dell’intero episcopato! - insieme a duemilacinquecento sacerdoti: un bel segno della dedizione con cui le Chiese in Italia si prendono cura della fede delle nuove generazioni. Mentre ci prepariamo a vivere giorni intensi, lasciamo fiorire qualche riflessione.Di fronte a un raduno come questo deve farsi quanto meno più cauto il giudizio con cui spesso classifichiamo sommariamente i giovani di oggi. Il loro è un mondo variegato, su cui esprimere valutazioni differenziate.Senza concedere nulla alla retorica giovanilistica, dobbiamo ammettere che mobilitazioni come questa per Madrid denotano il carattere distintivo della generazione giovane, quella ricerca di pienezza e di realizzazioni, quella sete di infinito che il Papa esprime nel suo messaggio richiamando la sua personale esperienza: "Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza". Senza dubbio è responsabilità dei giovani impegnarsi a cercare una tale vita, ma in una correlazione con il mondo adulto che non è intellettualmente onesto eludere. Così la Giornata Mondiale della Gioventù diventa una occasione di ripensamento anche per noi, che giovani non siamo più. Un ripensamento che dovrebbe, infatti, condurre ad accettare di non essere più giovani e quindi a decidere di non inseguire una eterna giovinezza come adolescenti mai cresciuti. I giovani hanno bisogno di padri e di madri, di adulti; i coetanei ce li hanno già. Senza adulti veramente tali si vedono privati dello scarto necessario che fa avanzare nella scala della vita. Senza la possibilità di raccogliere sfide, di superare ostacoli, di investire le energie che sentono dentro, i giovani rischiano di sentirsi implodere. La minaccia più grande che incombe su di loro è la stessa malattia che affligge gli adulti: l’assenza di prospettive sul futuro, l’incapacità di progettare, il ripiegamento sul presente per consumarne l’attimo rimuovendo passato e avvenire.Mancano le condizioni per costruire, manca la possibilità di faticare per costruire qualcosa. Senza questa fatica - sia essa di studio, di apprendistato o di lavoro - difficilmente tanti giovani supereranno l’impasse che li blocca. La loro è mancanza di lavoro e di sicurezza per costruire progetti e famiglia; ma è anche difficoltà di respiro spirituale e di visione. Li minaccia il nichilismo, una spina nel fianco di questo nostro tempo, come una pena lancinante ma sorda e disperata, insinuante che nulla ha senso e, alla fine, nulla ha valore. L’evento di Madrid segnala non solo che la Chiesa fa la sua parte, ma - molto di più! - che fornisce la chiave risolutiva del dramma presente, poiché allarga il cuore e lo sguardo agli unici orizzonti che possono riaprire il futuro e neutralizzare la tentazione del nichilismo. Siamo ricondotti a capire che senza una Presenza salvante la stessa esistenza umana degrada, decade e si dissolve. Abbiamo fiducia che la Giornata Mondiale della Gioventù segnerà per molti di noi, e non solo per i giovani che vi prendono parte, uno scatto di ripresa per una rinnovata solidarietà fra le generazioni e un comune impegno per un futuro più umano, oltre le nebbie del presente.