Il direttore risponde. Il dito nelle piaghe. E la buona via
rispondo all’interrogativo posto dal lettore GianMaria Bedendo su Avvenire del 31 luglio (che cosa pensano della giunta Pisapia i cattolici che l’hanno votata dopo il varo del registro delle unioni di fatto?). Premetto che nella mia vita (ho quasi 75 anni e ritengo di essere ancora lucido di mente e attento lettore di quanto accade in Italia), come cattolico che ha cercato di essere impegnato nella testimonianza cristiana, ho in passato inteso esprimere la mia partecipazione alla vita sociale e politica del nostro Paese attraverso la militanza prima nella Dc e successivamente nel Ppi, divenuto poi "La Margherita", mentre sono stato, all’inizio del 2009, sul punto di iscrivermi al Partito democratico, decidendo però di soprassedere in segno di dissenso, dopo le vicende legate alla morte di Eluana Englaro. Ciò però non mi ha impedito di dare il mio voto a questo partito e lo ho fatto ancora più determinato lo scorso anno (coinvolgendo anche altre persone in questa decisione) soprattutto come segno di dissenso e di critica verso le (squallide) vicende legate alla persona dell’allora capo del Governo Silvio Berlusconi. Per quanto riguarda l’istituzione del registro delle unioni civili deliberato dal Comune di Milano, ritengo che si debba prendere atto della realtà sociale in cui viviamo, ove la convivenza di persone non coniugate è ormai cosa molto comune; dobbiamo semmai domandarci come cristiani (Chiesa docente e Chiesa discente, Gerarchia e laici) perché siamo arrivati a questa situazione: non è forse mancata una sufficiente opera di testimonianza e di evangelizzazione da parte nostra sui valori della famiglia? Penso, infine, che all’atto dell’espressione del voto, anche qui in Italia come in altri Paesi (Usa, ecc.) per un cattolico non ci siano molte possibilità di scelta e che quindi possa prevalere la decisione di votare per quel partito che sembra meglio promuovere il progresso sociale del Paese e non gli interessi di una sola parte economica e sociale di esso e ciò anche se nel programma di quel determinato partito sono presenti alcuni punti che non si condividono (è il principio del male minore). Ritengo che, fintantoché la gerarchia non si esprima in modo vincolante per la coscienza dei cattolici, vi possa essere libertà di scelta senza subire le censure dei fratelli di fede.
Piero Colombo, MilanoCredo che lei, caro signor Colombo, metta il dito in diverse piaghe. E che citi direttamente e indirettamente diverse situazioni politiche e di leadership che hanno condizionato e reso tormentate la militanza partitica e le scelte di voto di tanti cattolici impegnati, nel passato, nel presente e – si spera – non nel futuro. Per quanto riguarda il propagandistico registro delle cosiddette unioni civili ora confezionato anche alla milanese (dopo i fallimenti collezionati in un’ottantina di altri Comuni grandi e piccoli), confermo il giudizio negativo più volte espresso e motivato. Nel nuoto in mare come nella vita, mi hanno insegnato a non lasciarmi trascinare mai dalla corrente, a meno che questa non porti nella direzione migliore. Insomma: se la corrente mi conduce a un buon approdo la utilizzo, altrimenti non mi abbandono e neanche l’assecondo, ma resisto e vado con tutta la possibile forza e lucidità nel giusto senso. A maggior ragione se si tratta di correnti politico-mediatiche che pretendono di capovolgere i fondamentali e le verità-cardine della vita e del pensiero di persone e comunità e non si mettono, invece, al loro servizio. E questo vale per la famiglia, come per l’economia, come per l’ambiente naturale, come per la tecnoscienza... Penso perciò che lei abbia ragione a sollecitare più testimonianza ed evangelizzazione, anche in tema di valori familiari. Oggi, questo prezioso e paziente lavoro di costruzione e ricostruzione è certamente, e più che mai, utile e necessario. Parte essenziale di quella «questione educativa» che ci sta davanti come credenti e come cittadini. Infine, un piccolo pro-memoria: se è vero che non c’è da parte dei nostri pastori un’indicazione di voto partitico, c’è e c’è costantemente stata una chiara chiamata alla responsabilità di compiere la scelta migliore sia nell’impegno diretto nell’agone politico (teso, ovvio, a caratterizzare positivamente anche i programmi dei partiti) sia nell’esercizio del diritto-dovere di voto. Tutto questo orientandosi sulla buona via grazie alla bussola garantita dai valori primari. È l’etica della vita, imperniata su quelli che il Papa definisce princìpi «non negoziabili», che fonda l’etica sociale.