Opinioni

Il direttore risponde. Quesito sprecato, ma "dal basso" no

Marco Tarquinio domenica 17 aprile 2016

Referendum sulle trivelle: i lettori di Avvenire scrivono, il direttore risponde.

Gentile direttore, anch’io mi cimento in un appello al voto in occasione del referendum del 17 aprile, perché è necessario recarsi alle urne in massa per ottenere il quorum previsto dalla legge. Sono per votare Sì, per dire "no" alle trivelle in mare. Cerchiamo di convincere il maggior numero di persone poiché il rischio di non conseguire il quorum è assai alto. Tra gli argomenti (in verità sterili) addotti dagli avversari del Sì, c’è la favola dei posti di lavoro creati grazie alle postazioni estrattive del petrolio e che, nel caso il Sì vincesse, verrebbero a mancare. Si tratta di una mistificazione propagandistica. Le vere ricchezze dei nostri territori sono il suolo e il mare, l’agricoltura e il turismo, l’arte e l’artigianato, in grado di generare sul serio indotti virtuosi di migliaia di posti di lavoro, esaltando le risorse e le esigenze locali. Lucio Garofalo

Gentile direttore, il premier Renzi ha fatto sapere che in occasione del referendum del 17 aprile la cosa più giusta sarà quella di astenersi dal voto. Ne sono rimasto esterrefatto. Si può essere a favore o contro la prosecuzione delle trivellazioni. Ci si può illudere che, in un futuro, non poi tanto lontano, i turisti continuino a venire qui, anche se l’Italia continuerà a mandare alle ortiche le sue bellezze naturali e artistiche e a riempirsi di infiniti scarti. Ma non è meglio continuare a investire – o a facilitare gli investimenti – nelle coibentazioni e nella sostituzione degli infissi così da diminuire il consumo di combustibili per riscaldamento? Andiamo a votare con attaccamento alla natura. Josef Caproni

Caro direttore, il primogenito dei miei tre figli, a sua volta padre di una piccolissima bambina (2 mesi) si è conquistato la laurea in Ingegneria lavorando come cameriere notturno e ora lavora per Eni. Che, anche se abbiamo trivelle nel Mediterraneo, ha ben pochi dipendenti che svolgono attività in Italia. Mio figlio è stato in Qatar e in India per un lungo periodo e ringrazio il Signore che non gli siano stati prospettati Paesi più a rischio... Ho ben chiaro che da noi il Governo Renzi ha già deciso di proibire nuove trivellazioni entro le 12 miglia. Ma leggo anche che eolico e fotovoltaico non funzionano a pieno regime, e che, in fondo la gran parte delle proposte referendarie è stata stralciata, perciò mi chiedo: che senso ha avuto far spendere soldi ai contribuenti per un referendum incomprensibile (almeno per me) che potrebbe lasciare senza lavoro quei pochi lavoratori a tempo pieno del settore che ci sono, in Italia? Maria Sartori

Gentile direttore, votare è un dovere civico: lo dice la Costituzione. Non tutte le votazioni sono uguali. Un conto sono le elezioni dei membri del Parlamento: se nessuno andasse a votare non avremmo nessun rappresentante e il Paese si fermerebbe. Altro è il voto ad un referendum abrogativo: se nessuno andasse a votare resterebbe lo status quo, non il nulla. A un quesito (tipo referendum-trivelle) uno può rispondere: "sì", "no", "non lo so". Per rispondere "sì" oppure "no" si va a votare. Io non andrò a votare (per la prima volta da quando sono maggiorenne) perché non mi è chiaro il senso del quesito sul quale dovrei esprimermi. Quindi, in questo caso rispondo "non lo so". Enrico Agostoni

Caro direttore, a pochi giorni dal referendum sul tema delle trivellazioni sono arrivato a pensare che i cittadini chiamati a votare non siano in grado di poter esprimere una valutazione che abbia alla base una valida ragione tecnica. "Avvenire" ha dato spazio al tema, e  illustrato il parere di diverse Chiese locali a favore del Sì, posizione legata alle indicazioni di papa Francesco nella Laudato si’, prioritariamente riferite al rispetto della salute delle persone e dell’ambiente. Poco si è discusso mi sembra sul tema delle ripercussioni eventuali sull’occupazione. Ho letto informazioni che mi lasciano perplesso e dubbioso e non mi inducono ad andare al voto: il Sì (cioè un voto contrario alle trivelle) provocherebbe la perdita di 5.000 posti di lavoro diretti e 15.000 indiretti. Meglio impegnarsi per un piano di  politica energetica futura veramente in linea con il grande messaggio del nostro Papa. Giorgio Mosci

Caro direttore, sono felice di un approccio pastorale della Chiesa che si rivolge agli ultimi e "agisce" più che pontificare, ma non si può dimenticare la parabola dei talenti. L’amore verso il creato e i poveri passa dall’impresa e dalla crescita che sostiene, gestisce e difende. Giusto il guardare agli ultimi e non scartare nessuno, ma giusto anche il riconoscimento del lavoro dell’uomo. In questo caso fermare per via referendaria un lavoro già in atto, non ha senso. Il "no" a queste trivelle, a mio parere, sa di ideologia non di buon senso e di giustizia. Salvatore Scargiali

Caro direttore, il 17 aprile voterò Sì. Per questi motivi. 1) Dare un messaggio chiaro per le fonti rinnovabili; 2) Si sta disinvestendo dal petrolio a favore delle rinnovabili perché si è capito che siamo ormai al "picco convenzionale" (Warren Buffet, 2013): si estrae meno petrolio (calo dei consumi post crisi) e a costi più alti (shale gas). 3) Il gas e il petrolio estratto in mare entro le 12 miglia in Italia e nel Mondo sono insignificanti: solo 7 settimane di energia in un anno. 4) Il referendum è solo un piccolo strumento per farci ascoltare; partecipiamo! 5) La sostenibilità dello sviluppo permette di creare buoni posti di lavoro per tutti. 6) Petrolio e gas continueranno e essere estratti fuori dalle 12 miglia. Almeno sotto costa liberiamocene! 7) Pensare che tanto niente cambia è rassegnarsi. Ciro Amato

Sul referendum che tutti sintetizziamo con l’immagine delle "trivelle" i pareri restano diversi, sebbene dalle lettere arrivate in redazione emerga comunque la condivisa e concreta aspirazione a un bene davvero comune. Speriamo di aver contribuito a tener saldo questo sentimento cristiano e civile, con il gran lavoro fatto per indagare una questione troppo politicizzata e tatticamente censurata e che avrebbe invece meritato, come anche il Consiglio permanente della Cei aveva auspicato, di essere «dibattuta nelle comunità» locali per favorire decisioni appropriate illuminate dalla Laudato si’ di papa Francesco. C’è chi l’ha fatto, per fortuna. Con testa e cuore. E "Avvenire" ha messo a disposizione pagine su pagine di approfondimenti, interviste, pareri di tecnici e governanti centrali e locali. Abbiamo ascoltato la voce dei territori, i ragionamenti e gli appelli dei nostri vescovi e quelli di associazioni e comitati ambientalisti, di sindacati dei lavoratori e degli imprenditori. Abbiamo dato conto di un dibattito politico faticoso e strano. Abbiamo capito e cercato di far capire che oggi nelle urne si depositeranno tanti voti diversi, anche se non si sa se basteranno per rendere valida la consultazione. C’è chi voterà Sì in modo semplice e lineare, per dire No alla proroga delle concessioni in essere sino all’esaurimento dei giacimenti marini di gas e petrolio entro le 12 miglia dalla costa. E chi invece voterà Sì per dire No al Governo Renzi, che perciò suggerisce di astenersi. C’è chi dirà No perché vuol dire No. E chi voterà No perché è contro Renzi e vuole che si arrivi al quorum, che il Governo non vorrebbe. Ci sono renziani che voteranno Sì perché sono ambientalisti "senza se e senza ma". E c’è chi voterà No o si asterrà non perché sta con Renzi, ma perché pensa che piattaforme e trivelle in azione anche entro le 12 miglia possano fare solo bene alla nostra economia. Infine, ci sono quelli che si asterranno perché non si sono fatti un’idea chiara (anche a causa del disimpegno dei mass media), quelli che si asterranno perché Renzi glielo chiede, e quelli che si asterranno solo perché non votano da una vita e non ricominceranno certo adesso... A risultato acquisito, nelle valutazioni dovremo tener conto di questo ginepraio, che poteva essere disboscato da una seria discussione di merito. Che in parte, grazie a un generoso impegno "dal basso", c’è pur stata. E che può portare oggi anche a una (legittima, come quasi tutti adesso riconoscono a differenza di qualche anno fa...) scelta di astensione. Scelta che comunque nessuno stavolta ha proposto con la formula «Andate al mare!». Chi oggi dovesse andare al mare, infatti, potrebbe anche decidere che è meglio tornare prima. E passare al seggio...

Marco Tarquinio