La povertà più radicale dell'Italia è ormai quella di figli e di domani
Caro direttore,
mi permetto di scriverle in merito alla sempre più acuta crisi demografica. Innanzitutto ringrazio “Avvenire” per aver dato risalto ancora una volta a questo problema sempre più grave ponendolo giovedì scorso, 29 novembre 2018, in prima pagina e trattandolo in maniera approfondita nelle pagine seguenti. Le scrivo in quanto sono molto interessato alla materia: sono infatti uno studente di Economia dell’Università Cattolica e mi sto per laureare con una tesi dal titolo “Il ruolo economico della famiglia”. In questo lavoro tratto ampiamente della crisi demografica sia a livello mondiale (particolarmente grave è il rapporto Onu World population prospects, nel quale viene evidenziata l’enorme contrazione demografica cui va incontro tutta Europa nel 2050 e nel 2100, se il trend attuale non dovesse cambiare) che per quanto riguarda la situazione italiana. Sono convinto che la scarsa natalità sia un problema sia culturale sia economico e vada quindi affrontato su più fronti, in particolare credo che sia urgente non tanto l’erogazione monetaria quanto una maggiore erogazione di servizi, in particolare è vitale riuscire a creare sintonia, per quanto riguarda il lavoro femminile, tra il lavoro e la cura dei figli. Più in generale, sono convinto che serva una politica seria e di lungo periodo, che vada oltre la logica dei bonus.
Andrea Mobiglia
Lei, caro amico, è un giovane studioso, ma vede già bene. E ha una acuta consapevolezza del nodo delle politiche familiari che si è troppo aggrovigliato (per incuria e malizia) nella nostra Italia. Una consapevolezza che è alimentata e motivata all’impegno fattivo e solidale dal Messaggio dei vescovi italiani che proprio oggi pubblichiamo a pagina 7 del nostro giornale e che vorrei nutrissero la maggioranza dei nostri parlamentari e governanti (qualcuno c’è già, per fortuna... ). Sulle ricette pratiche si può discutere, purché lo si faccia non per accademia e per ingannare il tempo e i cittadini. E si dibatta pure, ovviamente, su quanto pesi esattamente il dato culturale e quanto quello economico nella fatica del costruire una famiglia e del mettere al mondo figli... Ma non ci si illuda: entrambi contano. Entrambi: pressione culturale e stolidità fiscale sommata a insufficienza (e costo) dei servizi alle famiglie. Così, dopo aver rapidamente – e, una buona volta, proficuamente – discusso, si prenda atto del fatto che siamo a un punto di non ritorno: è finito da un pezzo il tempo delle chiacchiere e delle promesse al vento, ormai c’è solo da decidere, come hanno sottolineato ancora una volta i dati dell’ultimo rapporto Istat sulla verticale denatalità nel Bel Paese. E chi non lo farà, chi non deciderà e non deciderà bene, continuando invece ad agitare pannicelli caldi che assomigliano a foglie di fico e a rimandare sempre a domani la cura da cavallo pro-nuclei con figli che serve con urgenza, si assumerà la responsabilità politica della povertà più radicale degli italiani: quella di figli e di domani.