Muterà il calendario «dopo Cristo»? No, se ricordiamo e camminiamo
Caro direttore,
siamo entrati nel 2022. Con l’aria che spira a Bruxelles e in tutto il mondo che un tempo si sarebbe definito di cultura cristiana, mi prende il timore che si tratti dell’ultimo anno in cui potremo usare tale sorta di numerazione. È difatti possibile che a qualcuno di potente venga la voglia di escludere questo chiaro richiamo alla nascita di Nostro Signore, e si sia presi dalla smania di trovare altre date di riferimento, più "laiche" e più "inclusive" per dare la misura del tempo. Chissà, si potrebbe ricominciare con riferimenti alla Fondazione della Unione Europea... Ci provarono a suo tempo, nel tardo Settecento, rivoluzionari francesi e io ricordo che quando feci le prime classi elementari sui quaderni accanto alla solita data occorreva scrivere in cifre romane l’anno dell’«Era Fascista» (E.F.) a far tempo dalla Marcia su Roma! In un trattato di Storia antica ho trovato che le datazioni portano scritto anziché il riferimento a Cristo una per me incomprensibile "Era Volgare"... Mi consola il fatto che tutti i vecchi tentativi di cambiare i calendari non son riusciti molto bene! Buon anno 2022 dopo Cristo a tutti.
Franco Clementi
Credo proprio, gentile e caro amico, che lei abbia ragione a prevedere il fallimento di eventuali nuovi tentativi di sovvertire il Calendario per furore ideologico o pretesa iconoclasta o presunzione politicamente corretta di questa o quell’epoca. La cronaca che si è fatta storia lo insegna: queste cose non si fanno, perché non funzionano. Dovrebbero preoccupare di più un po’ tutti noi – cristiani e no – l’indifferenza e la smemoratezza che portano a vivere, a contare i giorni e a far festa senza più consapevolezza profonda del senso del tempo che scorre, della sua misura e della sua radice, degli ancoraggi – anche al Cielo – che consentono crescita e sviluppo, riprese e slanci, passioni e persino... voli su questa terra e dentro la nostra storia. Noi cristiani dobbiamo fare la nostra parte, non per rivendicare, ma per ri-cordare (letteralmente: portare e riportare nel nostro cuore) e far vivere questo senso, questa misura, questa radice dando ragione di Colui che è la nostra speranza. Se accade, quando accade davvero, ed è accaduto e accadrà ancora, questo fa bene anche al mondo di cui siamo cittadini e mai sudditi.
Quanto all’espressione "era volgare", ci conviviamo da più di quattro secoli, da quel 1615 in cui Giovanni Keplero, grande scienziato e teologo luterano, cominciò a usarla. Nasce effettivamente per rimuovere il richiamo a Gesù Cristo nelle datazioni basate sul Calendario gregoriano (quello che oggi è adottato o co-adottato in quasi tutti i Paesi del mondo, e che venne introdotto nel 1582 da papa Gregorio XIII), ma la motivazione non era e non è per tutti e necessariamente polemica e anti-cristiana, anzi. Il dibattito sul momento esatto della nascita di Gesù è, infatti, serio e motivato e molti studiosi sono giunti alla conclusione che l’evento, che stiamo ricordando e celebrando anche in questo tempo di Natale, sarebbe avvenuto tra sette e quattro anni prima dalla data tradizionale, che sta alla base dell’attuale calendario e che venne indicata sulla base degli studi e dei calcoli del monaco Dionigi il Piccolo (VI secolo). Non sono un esperto della materia e non mi azzardo ad andare oltre. Rammento soltanto che la formula "era volgare" non è in sé dispregiativa, tutt’altro. Così come non lo è l’espressione "lingua volgare", riferita al primo italiano e all’idioma con cui Dante scrisse la sua Divina Commedia. L’aggettivo, come lei certamente sa, deriva da vulgus, popolo, e dunque nel suo significato dice "popolare". Era "volgare" ovvero era "di uso popolare".
Insomma, caro signor Clementi, finché resterà "popolare" l’attuale divisione del tempo cadenzata a partire dall’Incarnazione di Dio, Colui che è oltre il tempo e del tempo è sovrano, sarà viva e intangibile nonostante i nostri umanissimi errori e le nostre presunzioni. Sì, buon 2022 a tutti. Dopo Cristo, cioè per quanto ci riguarda seguendolo sul cammino che ci ha aperto davanti e sul quale continua a precederci.