Madre e padre, la vita che generano e l'annuncio di gennaio fiorito in aprile
Gentile direttore,
questa è una storia (non dissimile da tantissime altre, più o meno nascoste) e lei capirà perché devo chiederle di non firmare col mio nome e di non citarne alcun altro. Mio padre era muratore pendolare stagionale con la Francia. Mia mamma (quarta elementare ripetuta tre volte, perché in Paese non c’era la quinta e per lei non c’era continuazione possibile degli studi) fece 10 figli. Quando il Partito (nazionale fascista) chiese la donazione dell’anello nuziale per la Patria, mia mamma si rifiutò e a chi obiettò – dicendole: «Ma come, ora che il Duce protegge la famiglia, cosa fai?» – lei rispose: «Io i figli li faccio per il Signore, non per il Duce!». Eravamo molto poveri, economicamente, non di Fede, di cuore e, grazie a Dio, anche di cervello. Oggi nella discendenza di mio padre e mia madre (più di 80) ci sono lauree e master in medicina, ingegneria, lettere, storia, chimica, geologia, architettura, economia, design, teologia e musica di svariato genere e livello, e c’è tanto lavoro sparso nel globo (Argentina, Messico, tanta Europa, Giappone, Cina, Russia, Siberia...). Siamo tutti eterosessuali (senza orgoglio né umiliazione) e allineati al concetto di famiglia naturale (che oggi si vuol chiamare "tradizionale"). Le mogli non si vergognano di essere mamme considerate "figliatrici", lavorano in casa e anche fuori e non usano ormoni per influenzare le proprie inclinazioni naturali e congenite.
Lettera firmata
Caro direttore,
nonostante certo moralismo di sinistra – tra l’altro una contraddizione in termini perché la cultura di sinistra è l’incubatrice di ogni ribellione alle tradizioni, al diritto naturale, con le relative "nefaste" ricadute... –, che gongola nel criticare la vita privata dei rivali politici, quello che al popolo interessa sono le azioni pubbliche e le leggi che vengono promulgate. Al buon Dio il giudizio sulle persone e alla propria coscienza la valutazione circa la nostra coerenza (gli esempi cui ispirarsi nel Vangelo non mancano, dalla pagliuzza nell’occhio del fratello, a chi è senza peccato...). Sta di fatto che grazie a Salvini è stata ora abrogata l’obbrobriosa dicitura "genitore 1" e "genitore 2" con il ripristino dei termini naturali, babbo e mamma. Un provvedimento piccolo ma di grande significato, che sarà gradito da chi apprezza il buon senso (non certo da chi ai tempi del governo Renzi aveva promosso la "rivoluzione" anagrafica).
Massimo Ciacchini, Livorno
Comincio dal primo lettore, che mi chiede di farlo restare anonimo. Veramente, caro amico, questa sua lettera l’avrei firmata volentieri col suo nome e cognome. Mi inchino, perciò, a fatica al suo desiderio e senza capirlo sino in fondo. Perché la sua – la vostra – saga familiare è una bellissima storia italiana: fatta di lavoro, sacrificio, emigrazione, studio, solidarietà, schiena diritta davanti ai potenti, degna umiltà davanti a Dio e – appunto – sano senso della famiglia. Una piccola-grande storia alla cui base c’è l’umanissima verità che è stata in qualche modo ribadita anche con la decisione di cui parla il secondo lettore, il signor Ciacchini, e che il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha assunto di concerto con la responsabile della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno e con il titolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria. La decisione di ripristinare la dizione "padre" e "madre" sui moduli per la richiesta di carta d’identità per minori di età risale al 31 gennaio 2019, quando ne demmo puntualmente conto, ed è stata resa ora operativa con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 3 aprile scorso. Pare proprio che alcuni giornali e diversi polemisti l’abbiano scoperta soltanto adesso e più di qualcuno, per la verità a sinistra come a destra (ho in mente un titolo sparato da "Libero"), ha addirittura parlato e scritto di «colpo di mano» del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Niente di tutto questo, come ho già ricordato (la cosa è stata concordata da tre ministri e sono passate settimane dall’annuncio all’applicazione, per i giusti, ponderati e necessari adempimenti tecnico-giuridici).
Certo, la restituzione a padre e madre di ciò che loro spetta anche secondo regole e princìpi del nostro ordinamento italiano può sembrare una "svolta", dopo la sconcertante e provocatoria decisione assunta all’antivigilia di Natale del 2015, all’epoca del governo Renzi. Ma è semplicemente un modo per rimettere le cose e parole al loro giusto posto.
Un passo benvenuto e più volte invocato proprio su queste pagine. Tutti sappiamo, infatti, di essere al mondo perché una madre e un padre ci hanno generato, e nessuno può negare che solo eventi gravi o gravi errori possono "cancellare" uno dei due necessari – diversi eppure eguali, originali e complementari – co-fondatori di ogni nuova vita. Non intendo insistere, entrando nel dettaglio, sui gravi eventi o sugli errori gravi che nella concreta esperienza umana possono portare a "rimuovere" la mamma o il papà dalla vita di una creatura, ma sulla fine della pessima stagione del "genitore 1" e "genitore 2".
Ho spesso detto e scritto che sarebbe stato, in fondo, così semplice prevedere una dicitura come quelle che abitano la mia memoria bambina (e che ci facevano giochicchiare in modo infantile storpiando l’ultima parola) : «Firma del padre o della madre o di chi ne fa le veci». Forse un po’ antica e burocratica, ma limpida e buona per le diverse situazioni che la vita, con le sue grandezze e le sue piccolezze, le sue libere stranezze e la sua emozionante normalità, può proporre. E senza ideologismi insopportabili, senza assurdi bracci di ferro lessical-politici. Comunque, stavolta, bravo Salvini (e chi ha concertato con lui). Vorrei poterlo scrivere più spesso, e anche ad altro e altrettanto umano proposito. Uno dei miei motti è: mai rassegnarsi, mai disperare...