Opinioni

La canonizzazione di Angela da Foligno. Il Dio povero

Laura Bosio sabato 12 ottobre 2013
Angela da Foligno è diventata santa nel nome di Francesco, come è vissuta. Un’apparizione di san Francesco stabilisce il suo radicale mutamento spirituale, che la porta verso un’esistenza di perfetta povertà: venduti i suoi beni, distribuisce il ricavato ai poveri ed entra nel terz’ordine francescano. Poco dopo, nella basilica di Assisi ha una crisi mistica che frate Arnaldo, suo trascrittore, documenterà poi in un libro di memorie e rivelazioni. Ora è il nuovo Papa che si è chiamato Francesco a decidere la sua canonizzazione. Difficile non pensare alla povertà sociale che, sull’esempio del santo di Assisi, in lei corrispondeva alla povertà di Dio fattosi uomo: una povertà che non è diminuzione ma presenza in tutta la sua divinità e potenza. Come dice Angela, san Francesco è colui che sta ai piedi della croce e ne assume ogni dimensione. Con il coraggio dell’estrema chiarezza, Angela definisce il suo linguaggio una bestemmia: non tanto per l’arditezza delle espressioni che usa, quanto per ciò che dice di Dio. Descrivendo i modi in cui l’anima umana s’incontra con Dio, osserva che nelle prime esperienze l’anima lo "sente" ma non riesce a vederlo, pur essendo piena di una gioia che non arriva ancora a comunicare agli altri. E quando lo fa, finisce sempre per incagliarsi in una obiezione, che lei stessa si rivolge, assieme al suo "frate-scrittore": questo che dici, di te e di Dio, non si trova nella Bibbia. La forza, la novità della sua parola pagano questo prezzo alla sua coscienza. Il suo itinerario, non tanto verso Dio, quanto dentro Dio, passa per alcuni momenti fondamentali: il momento dell’amore, che è anche quello della croce, di "Gesù passionato", della totale spoliazione di sé, della più completa nudità; il momento del nulla, della tenebra più tenebra, dove però alla fine Dio ricompare; e poi il momento della resurrezione, nella quale Angela ha l’esperienza più alta, che va anche oltre Francesco, ossia quella della trinità. Lì, in quel momento, Angela sperimenta la realtà cosmica, l’unione umano-divina di tutto il creato. Lei stessa è Dio in Dio, come Dio è uomo in lei. Il momento della resurrezione è cosmico perché coinvolge, con l’essere umano, tutta la creazione, e dà il segno della pienezza a ogni vita. Dice, per mano di frate Arnaldo: «E allora sento la sua presenza e capisco come è presente in ogni creatura e in ogni cosa che possieda in sé l’essere: nel demonio e negli angeli buoni, nel paradiso e nell’inferno, nell’adulterio e nell’omicidio e in ogni buona azione, e in ogni cosa che esista o comunque possieda l’essere, tanto se bella quanto se brutta… E allora l’anima, avvertendo la sua presenza, molto si umilia, prova confusione per i suoi peccati, riceve grande dignità di sapienza e larga consolazione divina e gioia». Oltre la tenebra che nasconde e rivela Dio, non ci sono più la contraddizione bene-male, l’alternativa paradiso-inferno, ma l’esperienza, enorme e, alla fine, alla portata di ciascuno, di un Dio ritrovato nella povertà, nella piena umanità. Le donne, forse, sono le vere eredi di Francesco e in Angela da Foligno trovano un vertice.