Luogo di quotidianità. Il cuore del Papa batte per le parrocchie
Sono moltissime le parrocchie che, a Roma, possono raccontare di essere state visitate da san Giovanni Paolo II. Il Papa polacco, che salì al soglio pontificio a 58 anni e nel pieno delle forze, aveva il progetto di visitarle tutte e non ci riuscì, per poco, solo a causa della malattia e dell’età. Jorge Mario Bergoglio, che è diventato Papa a 77 anni e con non pochi acciacchi, pensava di non poter ripercorrere i passi del suo predecessore e, pertanto, aveva pensato di incontrare le parrocchie romane invitando una rappresentanza di ciascuna di esse, a rotazione, alla Messa del mattino di Santa Marta: è noto a Roma che su cinquanta possibili presenze, ogni mattina una ventina di esse sono per una parrocchia dell’Urbe. Da qualche tempo però, prima timidamente poi con costanza, pare che il Papa stia riuscendo anche ad andare lui stesso a trovare la gente delle parrocchie. In genere, avviene la domenica pomeriggio e - preferibilmente - nelle periferie della città.
Perché, se deve scegliere dove battere, il cuore del Papa batte con quello delle parrocchie periferiche. Per carità, incontra tutti i movimenti che glielo chiedono: sabato scorso era a Tor Vergata con 150mila neocatecumenali, ma la preferenza va alle parrocchie. Il 3 giugno prossimo, per esempio, ci sarà un altro gesto in tal senso. La processione del Corpus Domini che da oltre 40 anni il Papa presiedeva a Roma e che si svolgeva nell’itinerario da san Giovanni in Laterano a santa Maria Maggiore, si terrà a Ostia, il Lido di Roma. In realtà Bergoglio ripercorrerà i passi di Paolo VI che proprio cinquant’anni fa la fece a Ostia.
Era il 13 giugno del 1968 e non pare ci fosse un motivo preciso, se non l’intento del pontefice di allora di celebrare la processione del Corpus Domini che a quell’epoca si teneva nel giardini vaticani - nelle parrocchie di Roma. Il senso quindi è chiaro: la processione va fatta ma nelle parrocchie. Che, secondo la logica bergogliana, sono, dopo la famiglia, la cellula principale della Chiesa.
«Noi - spiegava Paolo VI a Ostia Lido - togliamo dal segreto silenzio dei nostri Tabernacoli, al quale solo gli iniziati, vogliamo dire i fedeli credenti e devoti, educati ai misteri della nostra religione, possono accedere coscientemente, la santissima Eucaristia; e la portiamo fuori, in faccia alla società laica e profana, in mezzo alle piazze, alle vie, alle case, dove si svolge la vita terrena, affannata nelle sue faccende temporali».
Cristo si incontra per strada e la strada è, per Francesco, soprattutto quella del quartiere, del rione, della casa dove vivi. Perché stare sul territorio, con i piedi per terra, non ti consente di 'scegliere' chi sia il tuo prossimo come rischiano di fare associazioni e movimenti. Di preferire tra questo e quello secondo criteri che, altrimenti, pur nascendo sempre come divini e soprannaturali, a volte rischiano di diventare troppo umani e di allontanare la Chiesa da quelli che Dio vuole chiamare a sé. Avvicinarsi ai lontani e non rimanere solo con chi è già vicino è il nucleo del senso della Processione del Corpus Domini: rito che nacque proprio quando la Chiesa si rese conto che il mistero dell’Eucarestia era eccessivamente slegato dalla vita della gente: Cristo era presente ma solo nelle chiese e nei monasteri e non nella vita quotidiana.
E così, coerentemente con tutto ciò, quando domenica scorsa a Tor De’ Schiavi una ragazza chiede perché la sua parrocchia attiri così poco i giovani, il Papa dice che «i preti dovrebbero dimostrare vicinanza alla gente. Non lo dicono gli psicologi, lo dice Dio che ha mandato suo Figlio sulla terra. Non si predica il Vangelo solo con parole e argomenti. Si predica con la vicinanza e la testimonianza. Il che, a volte, significa avere sempre quel sorriso naturale, 'ah vieni entra, questa è casa tua'. Non il sorriso artificiale che bisogna avere sul lavoro altrimenti ti licenziano». Insomma, dobbiamo cambiare registro un po’ tutti.