Il compito di chi sta in alto: pensieri sulla morte e scelte di vita
Gentile direttore,
Elisabetta la costante, la risoluta. Good bye dear queen Elizabeth II. Non siamo colpiti per il fatto che una donna molto anziana sia morta. Siamo colpiti poiché la morte di una regina esalta l’idea della nostra stessa morte. La vita che finisce è naturale quanto insopportabile per certa cultura occidentale. Come nella storia infinita, il Nulla inghiottite, pezzo a pezzo, il nostro mondo e intacca fino a far scomparire quei personaggi che in qualche modo hanno incarnato il sottofondo noioso e confortante della quotidianità di miliardi di esistenze. Morendo lei, muore la parte di noi che ha vissuto il suo stesso tempo. Muore definitivamente la nostra gioventù, la nostra immortalità. E questo è il vero dolore. Anche se la morte non è l’ultima parola. In quanti modi i Papi della modernità hanno risposto all’angoscia esistenziale dell’uomo circa il trascorrere del tempo e la limitatezza della vita! Ciascuno in relazione alle tragedie del proprio tempo che, se da un lato hanno variamente confermato tale finitudine, dall’altro continuano a trovare risposta nella medesima certezza della resurrezione. Poi pensiamo ai morti; ai nostri defunti. È una memoria doverosa: tutto ciò che siamo e abbiamo, si può dire, ci viene da loro. È una memoria benefica, che ci fa buoni, saggi e pii. Ci riempie di ricordi, che non finiscono in una desolata nostalgia del passato; ma ci aiutano a vivere bene, a sperare, a pregare: così san Paolo VI all’Angelus del 1° novembre 1968... Per qualcuno, allora, tutto ciò che sapeva di passato doveva essere distrutto. Quale migliore occasione, oggi, per ribadire al contrario il valore della memoria. Questa memoria è una pietà molto umana: dai morti noi abbiamo ereditato la vita. Ed è memoria molto saggia; ci è maestra della storia; ci dice il prezzo pagato per la nostra civiltà, in molti casi anche per la nostra libertà. Dio salvi il re Carlo III.
Il compito di chi sta in alto per elezione o per condizione (quest’ultimo è il caso dei monarchi) è delicato ed esigente e dovrebbe essere sempre assolto in modo coerente, generoso ed esemplare. Dio salvi sempre i potenti grandi e piccoli dalla vertigine del potere. Se un’invocazione mi sento di fare è questa. E insieme, gentile signor Vassalini, prego e spero che Dio aiuti anche Carlo III ad aiutarci un po’ tutti a fare ciò che è giusto e necessario per custodire e salvare la «casa comune» che abitiamo insieme. Per la responsabilità morale che il nuovo Re d’Inghilterra porta e per la sensibilità umanitaria e ambientale che ha dimostrato negli anni e sino a oggi lo si può sperare. Grazie infine, caro amico, per il suo consapevole saluto-riflessione alla regina Elisabetta: sa intrecciare fede, memoria e umana pietà. Abbiamo più che mai bisogno proprio di questo al cospetto della morte e nelle nostre scelte di vita.