Ritorno ai pellegrinaggi. Il coraggio del cammino
Non c’è mai stato un "lockdown dello spirito", semmai è vero il contrario: proprio la cattività della quarantena coatta ha limitato il perimetro del corpo invitando a estendere quello dell’anima. Come se non potessimo vivere senza un orizzonte più vasto di quello che abbiamo sotto gli occhi. La ricerca di un senso dentro un’esperienza aspra come la reclusione per difendersi da un nemico crudele ha incoraggiato tanti a cercare una buona volta dentro e oltre se stessi le risorse per capire e procedere con una direzione in una vita che a una svolta imprevista ha imboccato una salita da strozzare il fiato. Scoprire o ritrovare la compagnia di una prospettiva estesa ha rimesso in movimento l’interiorità di chi si sentiva confinato dentro le solite categorie, a corto di ciò che dà fiato alla quotidianità. E proprio nella reclusione si è fatta viva la speranza come amica, sorella, madre, compagna indispensabile. Tanto da farsi chiaro che, cessato il confinamento fisico, fosse proprio questa la perla preziosa da custodire nel tempo nuovo che si apre, imprevedibilmente rinvenuta in un campo che si pensava solo sabbia e spine.
È una delle certezze intime – quanto effimera sarà il tempo a dircelo – che ci portiamo dentro, traghettando la nostra vita oltre la caduta di frontiere e restrizioni. Si tratta di non soffocarla tra i rovi dei soliti pensieri, delle categorie abituali, delle ansie che già cercano di riguadagnarsi lo spazio perduto. Ora c’è un germoglio, e lo sappiamo bene: possiamo decidere se coltivarlo proteggendolo dalle erbe infestanti che già crescono, oppure lasciarlo essiccare come un’occasione perduta. Un’altra, peccato. Ma sappiamo bene di aver intravisto una vita diversa, persino gustata pur in settimane di fatiche e limitazioni, anche di dolore. Lasciarne evaporare la visione sarebbe uno spreco, lo sperpero di un senso nuovo delle cose.
Ecco perché occorre "qualcosa" che sancisca un punto di svolta: un’abitudine buona e nuova, la rinuncia a uno dei tanti, superflui arredi della vita "di prima", ma forse più ancora un gesto, una scelta, un progetto in grado di lasciare un segno. Sappiamo di doverlo a quello che siamo stati – tutti, insieme – in un tempo che resterà comunque uno spartiacque nella grande storia globale e in quella ancor più grande di ciascuno di noi, lo vogliamo o no. Qualcosa va fatto. Ma cosa?
Forse è meglio interrogarsi con onestà su quel che ci è necessario davvero per vivere, decidere di cosa non poter fare a meno nel tempo che ci attende. A tutti servirà saper sperare, non accontentarsi più del piatto di lenticchie servito dal mercato dei consumi facili, di sé, degli altri, delle cose.
Servirà saper viaggiare, a tutto campo: perché abbiamo visto cosa costa non poterlo neppure programmare, e perché di panorami vasti e nuovi ha bisogno il nostro cuore. Abbiamo bisogno di contemplare, di saper ritrovare sempre una luce interiore che non si lascia smorzare dall’affanno quotidiano.
E se ci servisse un pellegrinaggio? La parola è grossa, e forse a qualcuno può suonare antiquata (come a tanti, invece, è cara). La notizia di questi giorni che nel cuore dell’estate riprenderanno, con tutte le cautele, i viaggi organizzati nei santuari mariani d’Italia e d’Europa pare un segnale: siamo forse 'attesi'? C’è in queste proposte un richiamo alle origini. Forse perché la meta è una Madre che ci aspetta ogni giorno, paziente, affettuosa. O forse sentiamo la nostalgia di quello che potremmo essere e che abbiamo ritrovato, magari in un solo istante, proprio dentro l’infuriare della pandemia. Siamo una promessa, un sogno, un progetto ancora da compiere. E se non sarà un viaggio spirituale con un gruppo, allora potremmo immaginarlo anche solo con chi ci è più caro, o amico, magari nell’intreccio con altre motivazioni (la natura, l’arte, la cucina, l’avventura...). Oppure da soli. Conta mettersi in movimento, sentirsi impegnati a non perdere l’appuntamento con un animo nuovo, più grande, anche solo di un poco. Stare fermi vuol dire tornare indietro, arrendersi a quello che crediamo di essere, o che il mondo sembra dirci di noi. Farsi pellegrini dentro noi stessi nei mesi di aria aperta e sole che ci attendono può invece essere il gesto di coraggio che forse ci è sempre mancato. Se non ora, quando?