Analisi. Il cambio all'Authority vaticana antiriciclaggio non tocca la trasparenza
Una panoramica della Città del Vaticano (Archivio Ansa)
La notizia, diffusa lunedì 18 dalla Sala stampa vaticana, che il prossimo 26 novembre l’Autorità di informazione finanziaria (Aif) della Santa Sede avrà un nuovo presidente, e le letture che ne sono seguite da parte dei media (quasi tutte nell’ottica di un sintomo della presunta conflittualità interna al Vaticano) sollecitano a riflettere di nuovo sulla vicenda che dal 1° ottobre scorso, nel quadro di una indagine dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano in merito ad un investimento istituzionale della Segreteria di Stato, ha indirettamente coinvolto anche l’Aif, cioè l’Authority istituita da papa Benedetto XVI nel 2010 e rafforzata da papa Francesco nel 2013, con la funzione di vigilanza sullo Ior e di unità di intelligence finanziaria pontificia.
Come si ricorderà, infatti, risale a quella data il sequestro di documenti presso la sede dell’Aif e la sospensione (insieme ad altri quattro dipendenti vaticani) del direttore dell’Autorità, Tommaso Di Ruzza, tuttora sottoposto al provvedimento, per un presunto «ruolo non chiaro» della stessa Aif in merito all’investimento immobiliare della Segreteria di Stato.
A tal proposito, il 23 ottobre scorso il Bollettino della Sala Stampa vaticana pubblicava un comunicato dell’Autorità, che dopo l’esito di una inchiesta interna dichiarava: «L’attività svolta dall’Aif e dal suo direttore era di natura strettamente istituzionale e condotta in conformità con lo Statuto dell’Aif». Inoltre «né il direttore né alcun altro dipendente dell’Aif hanno svolto in maniera inadeguata la propria funzione o tenuto qualsiasi altra condotta impropria».
Il comunicato era firmato dall’intero board e dal presidente René Brülhart, il quale – giunto ora alla naturale scadenza del suo mandato e ringraziato dal Papa «per il servizio reso» – passa la mano ad un successore il cui nome conosceremo appunto il 26 novembre.
Gli appuntamenti in agenda
Il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha già fatto sapere che «il differimento della nomina» si è reso necessario «per il rispetto dei precedenti impegni istituzionali dell’interessato e per la definizione di alcune procedure interne alla Santa Sede».
Ma in attesa di quella data, e dopo i fatti del 1° ottobre, non è più stata fornita alcuna notizia ufficiale sulle indagini da parte dell’autorità investigativa interna al Vaticano. Nel frattempo, però, è stata confermata dal Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa la valutazione dell’efficace funzionamento ( effectiveness) del sistema di antiriciclaggio della Santa Sede nel periodo 2015-2019, che secondo le procedure ordinarie prevede da parte vaticana l’invio di un questionario entro la fine di quest’anno e la visita dei valutatori nella primavera del 2020.
Nessun rinvio dell’esame, dunque. In questo contesto, però, non sono da sottovalutare due potenziali effetti collaterali, quanto alla stabilità del sistema interno e alle implicazioni internazionali, proprio in vista della valutazione di Moneyval. Il primo: a seguito del sequestro di documenti presso la sede dell’Aif, il Gruppo Egmont, che raggruppa le Unità di informazione finanziaria (Uif) di tutto il mondo, ha notificato che non essendo garantita la segretezza delle comunicazioni delle stesse Uif, controparti estere dell’Aif, e il loro accesso esclusivo da parte dell’Aif – come prevedono la normativa internazionale e gli obblighi assunti dalla Santa Sede in ambito europeo – si sospende l’Aif dai canali di comunicazione riservate a queste Unità.
Fatto che, secondo alcuni, rischia di riportare per il Vaticano le lancette indietro di diversi anni, perché uno dei parametri per la valutazione di Moneyval è proprio l’effettiva partecipazione di una Uif (e tale è appunto l’Aif vaticana) ai canali del Gruppo Egmont. Inoltre – e sarebbe il secondo effetto – non è da escludere che l’attuale, sopravvenuta instabilità del sistema interno con le conseguenti ripercussioni internazionali, che rischiano di risolversi in un danno per la Santa Sede, abbia influito anche sulla decisione di due consiglieri dell’Aif, Marc Odendall e Juan Zarate – quest’ultimo tra i massimi esperti internazionali in materia di antiriciclaggio e antiterrorismo e già vice alla Sicurezza Nazionale per la lotta al terrorismo della Presidenza degli Stati Uniti – di dare le dimissioni.
La storia dell’Aif
Come leggere la successione di tali eventi, solo fino a qual- che mese fa inimmaginabili? Va ricordato infatti che nel discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2018 papa Francesco poneva tra le «gioie» dell’anno che stava per concludersi «i lodevoli sforzi compiuti dall’Aif». Non è inutile, dunque, riepilogare quanto avvenuto nel recente passato in seno all’Autorità, dato che si tratta di un periodo cruciale per il percorso di trasparenza intrapreso dalla Santa Sede e che l’ultimo quinquennio – lasso temporale in cui Brülhart e Di Ruzza hanno operato insieme – rileverà ai fini della prossima valutazione Moneyval. Attuando gli obblighi assunti con l’Unione Europea nel 2009, nel mese di dicembre 2010 papa Benedetto XVI emana la legge n. CXXVII, cioè la prima normativa antiriciclaggio vaticana, e istituisce l’Aif. Una scelta che si rivelerà lungimirante anche alla luce di un episodio più o meno coevo, che coinvolge lo Ior.
Nel settembre 2010 la procura di Roma ordina il sequestro di 23 milioni di euro su un conto dello stesso Ior presso l’allora Credito Artigiano, a seguito di una segnalazione di attività sospetta su un trasferimento di fondi dello Istituto. Si affermava in sostanza che lo Ior 'schermasse' i titolari effettivi dei fondi eludendo la normativa antiriciclaggio italiana. Mentre la vicenda giudiziaria si dipana (a giugno del 2011 la Procura adotta quello che solo in apparenza è un dissequestro, perché i fondi non vengono restituiti allo Ior), in Vaticano si prosegue sulla strada della trasparenza. Nel marzo 2011 la Santa Sede aderisce al Comitato Moneyval e il primo round di valutazione è fissato per il 2012, ma già a fine novembre 2011 i valutatori Moneyval consigliano alla Santa Sede di rivedere l’impianto normativo appena varato. Le modifiche vengono approvate a gennaio 2012, entro la scadenza indicata da Moneyval, e la Santa Sede supera così il primo esame. Brülhart viene nominato direttore dell’Aif nel 2013 e nello stesso anno l’Autorità vaticana entra nel Gruppo Egmont, iniziando a sottoscrivere protocolli di intesa con Uif estere, tra le quali quello con l’Uif italiana. Sarà proprio in conseguenza di questo accordo che i 23 milioni di euro dello Ior bloccati dalla Procura di Roma verranno 'rimpatriati' in Vaticano – con gli interessi nel frattempo maturati – nel 2014.
Intanto papa Francesco, succeduto a Benedetto XVI, incrementa la linea di trasparenza del predecessore, cambiando alla fine del 2013 lo statuto dell’Aif e prevedendo la presenza di un Consiglio e di un presidente esclusivamente laici. Così nel 2014 Brülhart diventa presidente e Di Ruzza vice-direttore. Sempre nel 2014 l’Aif adotta il Regolamento n. 1 per la vigilanza prudenziale dello Ior, inizio di un percorso di riconduzione dell’Istituto a standard internazionali anche sul piano dei criteri di organizzazione e gestione, oltre che di precisi criteri di autorizzazione e vigilanza delle attività finanziarie. Nel 2015 Di Ruzza viene nominato direttore.
Nel 2016 viene siglato il protocollo d’intesa con la Banca d’Italia, firmato dal governatore Ignazio Visco, dall’allora capo della vigilanza, Carmelo Barbagallo, e da Brülhart Di Ruzza. Il protocollo poggia sul mutuo riconoscimento e condizioni di piena reciprocità. Quindi negli anni successivi si estende il numero delle Uif con cui l’Aif collabora a livello internazionale, che oggi sono circa 60. Infine nel 2018 è sempre l’Aif a guidare l’entrata della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano nell’ambito geografico dell’Area Unica dei Pagamenti in Euro o 'Sepa', creando le condizioni necessarie per la registrazione di un codice Iban vaticano 'VA' e la conseguente entrata dello Ior negli schemi Sepa nell’ottobre 2018.
Un sistema che funziona
Fin qui la cronaca. Ma in futuro che cosa potrà accadere? Certo, il cambio al vertice dell’Aif fa intravedere una possibile svolta. Ed è fisiologico che gli analisti del settore ragionino sugli esiti di questa scelta. Ma nel farlo non bisogna dare per scontato – come viene sostenuto in questi giorni anche da autorevoli testate italiane e internazionali – che lo scenario configuri un vero e proprio «scontro» all’interno delle Mura Leonine. Anzi, come è sottolineato in un editoriale di 'Vatican News' del 3 ottobre scorso, la vicenda semmai dimostra che «le nuove leggi dello Stato della Città del Vaticano sono applicate e che gli organismi di controllo, di revisione e gli stessi organismi controllati sono in grado di segnalare alla magistratura eventuali anomalie chiedendo che venga fatta chiarezza». Siamo proprio in questa fase. Delicata e inedita quanto si vuole, ma perfettamente in sintonia con la linea di trasparenza di papa Francesco.
Al vaglio degli inquirenti resta da un lato il «ruolo non chiaro» attribuito dal Promotore di Giustizia all’Aif, che all’epoca della perquisizione stava tra l’altro svolgendo proprio un’operazione di intelligence in collaborazione con Uif estere, guidata come da statuto dal direttore Di Ruzza; dall’altro le presunte condotte di alcune figure riconducibili alla Segreteria di Stato. Tuttavia, proprio in virtù del primo importante appuntamento – la valutazione di Moneyval che avrà per oggetto gli ultimi 5 anni, coincidenti di fatto con l’efficace mandato di Brülhart-Di Ruzza – sono in molti ad auspicare che l’indubbia e necessaria accuratezza delle indagini in corso si coniughi con la tempestività nel fare chiarezza, al fine di porre termine a quella che negli ambienti internazionali viene percepita come una rischiosa instabilità istituzionale.