Qui registriamo due notizie, una bella e una brutta. E i lettori ci perdoneranno questa amara non-barzelletta.Prima la notizia bella. Al culmine di un agosto insonne per la preoccupazione circa la sorte degli italiani in difficoltà economiche e per gli anziani soli, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha deciso di dedicarsi alle mense per i poveri e alla distribuzione di pacchi viveri e di vestiario attraverso le "reti" di persone costruite ogni giorno dalla Caritas e dal volontariato cattolico. Naturalmente Salvini sta agendo rigorosamente in incognito, come si addice a un politico che non cerca notorietà a buon mercato e rifugge dal battutismo. E questa umile discrezione fa sorvolare sul fatto che il gran capo leghista non voglia neanche avvicinarsi a persone povere che non abbiano almeno due nonni su quattro di origine celtica.E ora la notizia brutta. Un petulante e iroso sosia del segretario leghista, ha preso subito il posto di Salvini e, prontamente affiancato da altri esternatori politici, ha deciso di regolare definitivamente i conti coi
poaréti foresti (come il vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, chiama i richiedenti asilo d’Africa e d’Asia, accomunandoli nella stessa predilezione cristiana ai
poaréti nostrani). Ha preso di mira loro e, ovviamente, i pastori di una Chiesa che si preoccupa di accogliere e sostenere chi è nella debolezza e nel bisogno, dando una mano, anzi due, allo Stato che in tanti suoi servitori e, grazie a Dio, anche in alcuni lucidi esponenti politici di diverso orientamento mette a sua volta in campo un po’ di saggia visione del futuro e una dedizione ammirevole. Una Chiesa che però – il sosia di Salvini ne ha trovato le prove in un paio di affreschi e una dispensa di storia a puntate – venne fondata da pericolosi migranti dal Vicino Oriente e che da duemila anni si ostina a predicare e a cercare di vivere il Vangelo e a proporre la via della fraternità e delle Beatitudini a tutti, ricchi o poveri che siano, qualunque storia, lignaggio e – ohibò – color di pelle abbiano. Ce l’ha in particolare, il sosia, con il segretario generale della Cei, il vescovo Galantino. E conduce, sempre il sosia, la sua polemica con la stessa volgarità che mesi fa, prima del generoso e segreto cambiamento agostano, valse su queste colonne al vero Salvini l’appellativo di «parolaio verde».Allora, l’originale capo leghista aveva preso a dare lezione ai vescovi e persino al Papa. E proprio sui poveri. Quelli di cui ora invece il buon Salvini si occupa durante le sue ferie di politico, in segreto, fianco a fianco coi preti e i laici "cattocomunisti" (come li chiamava e come non li chiama più: vincenziani, santegidini, ciellini, neocatecumenali, msacchini, scout...) che chiacchierano poco e nulla, ma fanno molto.Qualcuno a questo punto avrà magari sorriso, sia pure senza allegria. Queste notizie sono in realtà una sola: c’è chi blatera e insulta per pessima politichetta e c’è chi si spende. E quelli che niente di serio fanno (e cercano per di più di avvelenare il cuore degli italiani) se la prendono smodatamente e odiosamente con coloro che invece fanno la cosa giusta e con chi, come i vescovi, la nostra bella e solidale gente motiva e difende. Si può rispondere solo coi fatti, stando con più gioia accanto ai poveri. Che non hanno quasi mai il passaporto in regola e sono tutti uguali e tutti speciali. Perciò non si possono usare, soprattutto non gli uni contro gli altri. Chi ci prova – che creda o no in Dio, che riesca o meno a tacitare la coscienza – presto o tardi ne dovrà rendere conto.