CalcoIi dei partiti e attese del Paese. Il beninteso interesse
Nessuno si salva da solo. È stato questo uno degli insegnamenti della pandemia: le questioni che dobbiamo affrontare sono così intricate da aver bisogno del concorso di tanti attori diversi, capaci di cooperare sentendosi parte di uno sforzo comune.
Naturalmente, sappiamo che non è affatto detto che le cose debbano andare così. Anzi, l’esito della pandemia potrebbe essere esattamente il contrario: esacerbare le fratture già presenti nella nostra società, accrescere la diffidenza reciproca e aggravare la disgregazione sociale. Il rischio è l’incomunicabilità, cioè di non riuscire più a trovare intese attorno a ciò che unisce.
A stare a quello che è successo nella settimana che ha portato alla rielezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato, sembra che i vertici dei partiti – a differenza di tanti e tanti parlamentari – non abbiano appreso questo insegnamento della pandemia. L’opinione pubblica è rimasta colpita dalla incapacità di intendersi al di là dello stretto 'interesse' di parte. Anzi, diversi leader politici si sono ripetutamente espressi con metafore belliche nelle quali si parlava di 'vincitori' e 'vinti', quando invece il tema era far 'vincere' l’Italia ottenendo un buon risultato per tutti.
Oggi si raccolgono i cocci di quei giorni. Le coalizioni sono a pezzi, il quadro politico in ebollizione. Il centrodestra oggi si domanda se c’è ancora, mentre l’idea di 'campo largo' del segretario del Pd Enrico Letta fa i conti con la spinta dissolutiva che colpisce i 5stelle. Mentre le formazioni di centro faticano come e più di sempre a mettersi insieme, superando i tanti personalismi che continuano a dividerlo. Il ritorno di Mattarella ha permesso di superare l’impasse, ridando dignità alle istituzioni. Insieme con Draghi, il Presidente garantisce stabilità interna e credibilità internazionale.
Ma non si può far finta di non sapere che nei lunghi mesi che ci stanno davanti, mesi di intenso lavoro ma anche di campagna elettorale, saremo di nuovo a rischio di forte instabilità. Si parla di una nuova legge elettorale. È comprensibile, dopo la riduzione del numero dei parlamentari, Ma, a pochi mesi dalle votazioni, il rischio è che, ancora una volta, i capi dei partiti ragionino non per il bene del Paese, per un giusto equilibrio di sistema, ma per calcolo di parte. Nell’accettare la richiesta dei parlamentari e dei delegati regionali di accettare una rielezione che avrebbe preferito non ci fosse, il presidente Mattarella ha voluto insistere su un punto: il politico è chiamato a servire, non a strumentalizzare, le istituzioni. A chi parlava, se non ai leader dei partiti? A chi si appellava, se non al Parlamento?
La democrazia vive di partiti che rappresentano punti di vista e interessi diversi. Ognuno deve fare la sua parte in una coralità che si arricchisce del pluralismo. Che è una ricchezza. Ma la democrazia sfiorisce quando l’interesse di parte diventa l’unico ed esclusivo riferimento, al punto da compromettere quel bene comune che costituisce la cornice entro cui le diverse prospettive legittimamente si confrontano per ottenere il consenso.
Alexis de Tocqueville, uno dei maestri del pensiero liberale, ha insegnato che la democrazia prospera quando si afferma l’idea di «interesse beninteso». Quando cioè si è capaci di guardare al bene comune a partire dalla propria prospettiva particolare. Senza questa tensione tra interesse di parte e bene comune, tutto diventa più difficile, se non impossibile. Nemmeno in un momento così solenne e unitivo come l’elezione del Capo dello Stato, se non all’ultimo istante, cogliendo l’intenzione manifesta dell’Assemblea dei grande elettori, i leader politici sono stati capaci di tradurre l’aspettativa della maggior parte dell’opinione pubblica, che è poi quella di discutere per convergere verso ciò che unisce.
A nessuno è chiesto di rinunciare a difendere gli interessi della parte che rappresenta. Ma a tutti è chiesto di fare questo lavoro nella prospettiva del bene comune. Al di là dei sondaggi che durano quello che durano, i politici sono apprezzati quando sono capaci di fare questo movimento. Si sente dire spesso che questo modo di fare è nobile, ma non fa vincere le elezioni. Può essere. Ma forse si sottovaluta il fatto che i cittadini non sono stupidi e che soprattutto nei momenti di difficoltà sono in grado di distinguere tra chi opera per il bene generale e chi invece difende solo degli interessi particolari.
Adesso c’è un anno di tempo. Il governo deve correre sul Pnrr e sostenere l’economia. I mesi che ci aspettano non possono essere sprecati. Il nostro Paese è a un bivio. Dopo la pandemia, in un mondo fortemente instabile, l’Italia ha un’importantissima possibilità. E tantissimi italiani vogliono coglierla. Ai leader politici, ai partiti, è chiesto di essere parte di questo sforzo, dando prova di essere capaci di ragionare in quella prospettiva di bene comune senza la quale l’interesse di parte finisce per essere distruttivo.