Chiesa. I sessantamila italiani alla Gmg dicono la vitalità dei giovani e di un modello
I 60mila giovani italiani che, sfidando il caldo estivo e il caro voli aerei, andranno alla Gmg di Lisbona insieme con il Papa lanciano al Paese e alla Chiesa più di un messaggio. Come del resto fecero i loro coetanei un po’ più piccoli e cioè gli 80mila adolescenti che, sorprendendo molti anche all’interno delle nostre comunità ecclesiali, si raccolsero intorno a Francesco in piazza San Pietro il 21 aprile 2022, giorno di Pasquetta.
Quando le nuove generazioni vengono coinvolte in progetti seri e credibili, la risposta non è mai deludente. Anzi. Essi stessi, i giovani e le giovani del nostro tempo, ne diventano immediatamente protagonisti. Così è per i 60mila ragazzi in partenza da tutte le diocesi della Penisola per il Portogallo. All’Italia dicono che esiste una maggioranza operosa, spesso e (purtroppo) volentieri ignorata dai media, che cresce silenziosamente come una foresta, laddove invece diversi casi di criminalità fanno strepito, come alberi cadenti, nelle pagine di cronaca nera.
Alla Chiesa ricordano che il modello Giornata Mondiale della Gioventù, mix di grandi eventi e di cammino ordinario nelle parrocchie, nei gruppi, e nei movimenti è più vivo che mai. Non è un fatto da poco. Specie considerando che dalla felice intuizione di san Giovanni Paolo II sono passati quasi quarant’anni e tre generazioni e che due Pontefici hanno raccolto il testimone da papa Wojtyla. Perché, dunque, in un mondo che cambia così rapidamente, la Giornata Mondiale della Gioventù tiene ancora e attrae i giovani di oggi (molti dei quali sono, o potrebbero essere, figli dei primi partecipanti, o addirittura nipoti) come all’inizio di questa straordinaria esperienza? Le ragioni sono molte e andrebbero indagate in ben altro spazio.
Ma se ne possono qui indicare due che più delle altre incidono nell’economia complessiva. La prima è di carattere pastorale, la seconda potremmo dire di affinità elettiva con il pontificato di papa Francesco. In sostanza, il progetto Gmg parla ai giovani come tutte le iniziative di grande respiro. La Giornata mondiale della Gioventù non è piccolo cabotaggio, richiede impegno, impiego di energie, fisiche, spirituali, ecclesiali ed anche economiche, costringe a uno sguardo di ampi orizzonti. Tutte cose che sono connaturali all’animo e alla psicologia dei giovani, sempre pronti alle grandi sfide.
Essa inoltre funziona come un metronomo dell’attività di pastorale giovanile, così come la domenica entra in rapporto con i giorni feriali. Far sì che Gmg e pastorale ordinaria si pongano in naturale dialogo, richiamandosi a vicenda, è la strada da percorrere con sempre maggiore convinzione anche in futuro. C’è poi la straordinaria sintonia della Gmg con le parole chiave del magistero di Francesco. Che cosa è una Giornata mondiale della gioventù se non un esempio di Chiesa in uscita? La storia lo ha dimostrato anche in “piazze” (Denver, Parigi, Sydney, solo per fare alcuni esempi), all’inizio piuttosto fredde e poi conquistate dall’entusiasmo dei giovani. Una Gmg è cultura dell’incontro in atto, perché non solo pone ragazzi di tante nazioni gli uni accanto agli altri, ma fa incontrare la Chiesa con le diverse realtà del mondo e soprattutto con le città e i Paesi ospitanti. E dall’incontro nasce l’inclusione: in una Giornata mondiale, per definizione, si costruiscono ponti e non muri (secondo l’espressione cara al Papa), come ad esempio avvenne a Czestochowa nel 1991, quando per la prima volta 50mila giovani russi poterono unirsi ai loro coetanei di tutto il mondo.
La Gmg è, in definitiva, il più potente spot per una delle encicliche simbolo del Pontificato, Fratelli tutti, poiché quando i giovani si stringono intorno al Papa, come scriveva San Paolo, “non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. Anche questo dicono i 60mila giovani italiani con la loro decisione di andare a Lisbona. Ed è un messaggio non solo religioso, ma – come è facile comprendere – dalle forti implicazioni sociali, culturali e politiche. Specie in un mondo che vive, sono sempre le parole del Pontefice, la sua terza guerra mondiale a pezzi e che, sia pur faticosamente, cerca invece la via della pace.