Scenari. Finlandesi felici (e pagano più tasse degli italiani)
Giorgia Meloni, agli esordi da premier, affermò che non dirà mai che “le tasse sono una cosa bellissima” a differenza del defunto Tommaso Padoa Schioppa che sosteneva il contrario. Ma stabilire se ciò che esce dalla bocca dei politici corrisponde realmente a ciò che pensano è sempre un dilemma perché l’obiettivo dei politici è risultare graditi ai propri elettori. In altre parole tendono a dire ciò che ritengono ben accolto da chi simpatizza per loro, mentre tacciono il resto. Ma nel caso in cui si fosse veramente convinti che le tasse sono una brutta cosa, è bene sapere che le tasse possono procurare felicità. Dipende dalla loro struttura e dall’uso che se ne fa: sono odiose se inique e utilizzate per finanziare le guerre e rafforzare posizioni di privilegio; sono liberanti quando servono a migliorare la vita di tutti e a costruire una società più giusta. È quanto emerge da varie ricerche condotte in Francia, fra cui quella di Pierre Boyer, un giovane economista francese, docente presso l’Ecole Polytechnique di Parigi, che ha pubblicato i suoi risultati nel libro «Peut-on être heureux de payer des impôts?».
Nella graduatoria sulla felicità stilata dalle Nazioni Unite, in cima alla lista figura la Finlandia, seguita da altri Paesi nordici, i cui tassi di prelievo fiscale in rapporto al Pil sono oltre il 43%, più alti di quello italiano. Il fatto è che la felicità è rilevata chiedendo ai cittadini quanto si sentono appagati rispetto a varie tematiche che oltre a comprendere il livello di reddito, include la libertà, il contesto di generosità, l’assenza di corruzione, il sostegno sociale e l’aspettativa di vita salubre. Due aspetti, questi ultimi, fortemente dipendenti dalla disponibilità finanziaria dei governi a cui servono soldi non solo per garantire a tutti le cure mediche gratuite, un’elevata l’assistenza alla famiglia, alla maternità e all’infanzia, un adeguato sostegno economico e psicologico nei momenti di crisi lavorativa, possibilità per tutti di raggiungere i più alti livelli di istruzione, ma anche per assicurare un ambiente salubre. In effetti prima ancora che attraverso la cura, la salute si garantisce con la prevenzione che passa per una buona alimentazione, buone abitazioni, aria pulita. Tutti aspetti fortemente dipendenti dalla manutenzione di un buon ambiente che in tempi di cambiamenti climatici necessita forti investimenti per trasformare il parco energetico e costruire opere capaci di prevenire i disastri naturali. Le continue frane e straripamenti che si verificano in Italia lo testimoniano bene.
Quando i governi sono capaci di garantire ai cittadini tutto ciò che serve per farli sentire in salute, capaci di accudire i propri figli, sentirsi soccorsi in caso di bisogno, liberi da disastri naturali, allora non si lamentano di pagare le tasse. Al contrario ne sono felici perché vedono il risultato di ciò che hanno pagato. A maggior ragione se si rendono conto che contribuiscono a rendere la società più giusta. Lo ha appurato una ricerca condotta in Francia dal Conseil de prélévements obligatoirs, pubblicata nel gennaio 2024. Il ruolo del fisco per una maggiore equità si gioca sia a monte che a valle del prelievo. A monte organizzando il prelievo su criteri di progressività che hanno la capacità di ridurre le differenze di reddito e di patrimonio. A valle redistribuendo le risorse raccolte facendo particolare attenzione alle fasce più deboli. Che in tempi di transizione ecologica significa non solo previdenze per disoccupati, inabili al lavoro e ogni altra categoria incapace di provvedere a se stessa, ma anche sostegno a tutte le fasce di popolazione che nell’immediato sono fortemente penalizzate dai cambiamenti che devono essere introdotti per recuperare la sostenibilità ambientale. Le proteste condotte in Francia dai gilet jaunes vanno lette in questa prospettiva. Vogliono dirci che le misure fiscali per ridurre il consumo di benzina e di elettricità si trasformano in misure contro i poveri se non sono accompagnate da maggiori servizi e da adeguati contributi alle ristrutturazioni. Vogliono anche dirci che vanno inventate nuove forme di rilevamento dell’impronta di carbonio affinché si possa distinguere fra “emissioni di sussistenza”, che pur risultando alte a causa delle distorsioni sociali sono comunque connesse ai bisogni essenziali, ed “emissioni di lusso” dovute invece ai bisogni superflui, come l’uso esagerato dell’aereo, eccesso di elettrodomestici, uso sproporzionato della tecnologia informatica. In base alla loro incidenza sarà possibile capire quanto colpire con la leva fiscale e quanto intervenire con la spesa pubblica in modo da trasformare la sostenibilità in un percorso a vantaggio di tutti e non in un affare per ricchi a detrimento dei poveri. Traguardo che si raggiunge tassando i prodotti inquinanti con misure compensative per i più poveri, potenziando i servizi pubblici, tassando adeguatamente i ricchi. Tre percorsi che devono procedere di pari passo per impedire che la sostenibilità si trasformi in un castigo per i più poveri e, al contrario, rendere tutti più felici.